di Lucia Izzo - In caso di violazione degli obblighi di assistenza familiare, se la condotta omissiva prosegue anche dopo l'esercizio dell'azione penale, il termine di prescrizione decorre dalla data della sentenza di condanna di primo grado e non da quella di emissione del decreto di citazione, trattandosi di reato permanente.
Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sezione VI Penale, nella sentenza n. 9880/2016 (qui sotto allegata).
Il ricorrente impugna la decisione della Corte di Appello di Catania che aveva confermato la condanna nei suoi confronti a otto mesi di reclusione e 800,00 euro di multa per il reato di cui all'art. 570, secondo comma, cod. pen.: l'uomo aveva omesso di versare l'assegno di mantenimento a favore della moglie separata e della figlia minore, così facendo loro mancare i mezzi di sussistenza.
Nel giudizio di merito era stato accertato che l'imputato
non aveva versato l'assegno mensile di euro 309,87, stabilito nella sentenza di separazione a titolo di mantenimento della moglie e della figlia minore, in quanto la prima aveva redditi saltuari, svolgendo lavori precari ed occasionali, e la minore versava in precarie condizioni di salute. L'inadempimento protratto per un lunghissimo periodo di tempo in danno della moglie e della figlia, mentre versavano in una situazione di assoluta indigenza, al punto da dover ricorrere all'aiuto dei familiari e dei servizi sociali del Comune di Ragusa, integrava il reato contestato.In Cassazione, la difesa dell'uomo contesta la statuizione dei giudici di merito poiché avrebbe errato nel determinare il termine di prescrizione, ritenendo il reato permanente e fissando la cessazione della permanenza alla data della sentenza di primo grado, nonostante nell'imputazione fosse indicato un preciso termine finale di consumazione dal quale sarebbe dovuto decorrere il termine di prescrizione.
Per la Suprema Corte i motivi di ricorso risultano una riproposizione dei motivi di appello, respinti con congrua motivazione nella sentenza impugnata, che si salda con quella di primo grado, e sono, comunque, manifestamente infondati.
In particolare, per quanto riguarda il termine di prescrizione, correttamente il giudice di merito ha ritenuto cessata la permanenza dalla sentenza di primo grado in presenza di una contestazione aperta.
In giurisprudenza risulta pacifico che "in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, quando la condotta è contestata con l'individuazione della sola data di inizio, il termine di prescrizione, trattandosi di reato permanente, decorre dalla data della sentenza di condanna di primo grado e non da quella di emissione del decreto di citazione, qualora sia emerso nel corso del giudizio che la condotta omissiva si è protratta anche dopo l'esercizio dell'azione penale".
Cass., VI sez. pen., sent. 988/2016