di Lucia Izzo - È legittimamente impugnabile l'avviso bonario, ossia la comunicazione di irregolarità emessa dall'Agenzia delle entrate all'esito di un controllo automatizzato della dichiarazione ex articolo 36 bis del d.P.R. 600/73: tali atti, non rientrando in quelli elencati dall'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e non sono in grado di cristallizzare il credito ove non contestati, pertanto il contribuente potrà impugnare la successiva cartella di pagamento riguardante la medesima imposizione.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sezione sesta civile, nell'ordinanza n. 3315/2016 (qui sotto allegata), che ha cassato una sentenza della CTR Lazio la quale aveva ritenuto inammissibile l'impugnazione da parte di un contribuente della comunicazione di irregolarità notificata dall'Agenzia delle entrate all'esito di controllo automatizzato relativo alla dichiarazione mod. Unico 2006.
Per la Commissione Tributaria capitolina, l'avviso bonario non poteva considerarsi atto impugnabile dal contribuente, non sostituendo l'iscrizione a ruolo in tutte le sue funzioni, intendendo semmai prevenirla in via interlocutoria.
Di contrario avviso gli Ermellini, secondo i quali, pur avendo natura tassativa l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1993, n. 546, non è impedita la proposizione del ricorso tributario contro l'avviso bonario.
Infatti, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), ogni atto adottato dall'ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa.
Con specifico riferimento al caso qui all'esame, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l'Amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l'interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili.
Cass., sez. Vi civ., ord. 3315/2016