Nel nostro ordinamento, in via generale, chiunque abbia un debito è tenuto a risponderne personalmente nei confronti dei propri debitori. Ma cosa accade se il debito è stato contratto da un minorenne? Che di esso possono essere chiamati a rispondere i genitori.
Così, se ad esempio un ragazzo che non abbia compiuto i diciotto anni di età si renda debitore di una determinata somma verso un altro soggetto, questo potrà tranquillamente aggredire i beni del padre e/o della madre del suo debitore, al fine di soddisfare le proprie pretese. Salvo che non ricorrano le circostanze che permettono ai genitori di richiedere l'annullamento del contratto stipulato da soggetto incapace di agire.
Diverso discorso va fatto, invece, per i maggiorenni.
Con il raggiungimento della maggiore età, infatti, il figlio risponde solo personalmente delle sue obbligazioni e i suoi debiti non si trasmettono sui genitori.
Ciò anche se, come noto, i genitori non smettono di doversi occupare del mantenimento del figlio che sia divenuto maggiorenne, se questo non è in grado economicamente di provvedere in maniera autonoma alla propria sussistenza.
Di conseguenza, i creditori di un maggiorenne non potranno aggredire, ad esempio, il conto corrente, lo stipendio, il TFR o gli immobili di proprietà dei genitori.
Tuttavia un discorso a parte lo merita il pignoramento mobiliare, dato che il creditore che è munito di titolo esecutivo nei confronti del figlio può chiedere all'ufficiale giudiziario il pignoramento dei beni mobili presso la residenza del debitore, fino a concorrenza del credito vantato.
Se il figlio maggiorenne vive ancora con i genitori, è chiaro che la residenza sarà la stessa.
A tal proposito occorre ricordare che la norma di riferimento per simili situazioni è l'articolo 513 del codice di procedura civile, il cui primo comma stabilisce che "l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, può ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il decoro".
Dato che, secondo costante giurisprudenza, in forza di tale norma si può presumere, sino a prova contraria, che i beni presenti nell'abitazione appartengono al debitore, ecco che anche in caso di figlio maggiorenne i genitori potrebbero trovarsi a rispondere dei debiti da questo contratti.
Ciò accade, infatti, se l'ufficiale giudiziario preleva per il pignoramento beni che, in realtà, appartengano a questi.
I genitori, dinanzi a simile evenienza, possono comunque ricorrere al giudice dell'esecuzione presentando opposizione di terzo. Ma devono provare, per sperare di ottenere qualcosa, che i beni che sono stati pignorati appartengono a loro e non al figlio.
E qui sta il problema: l'articolo 621 del codice di rito, infatti, stabilisce che per il terzo opponente non è in generale possibile provare il proprio diritto sui beni mobili pignorati nella casa del debitore mediante testimoni. Con la conseguenza che a tal fine sarà necessario produrre un documento che attesti inequivocabilmente la proprietà del bene, ovverosia un documento che raramente è presente per i beni mobili presenti all'interno di un'abitazione.
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