di Valeria Zeppilli - Quando si è vicini al matrimonio e arriva il momento di scegliere il regime patrimoniale che caratterizzerà il legame coniugale, occorre far capire bene al parroco celebrante quali sono le proprie intenzioni.
Almeno se non si vuole rischiare di trovarsi nella stessa situazione di una coppietta veneta che, dopo aver indicato in tutta buona fede in diversi atti notarili di compravendita stipulati dopo il matrimonio di essere in separazione di beni, ha scoperto che in realtà non era affatto così e che per lo Stato il suo regime patrimoniale era quello della comunione.
Il prete che aveva sposato i due coniugi, infatti, aveva dimenticato di annotare la scelta... e nel frattempo era anche passato a miglior vita.
Così i due sposini si sono trovati costretti a rivolgersi alla Curia per capire cosa fare e, fortunatamente, si sono visti riconosciuta la possibilità di correggere la svista del distratto parroco. Ma solo per gli atti presenti in Chiesa.
Per quelli del Comune, invece, la situazione si è complicata un po', visto che l'ufficiale dello Stato civile non ha creduto che la mancata opzione per la separazione dei beni fosse frutto di un errore materiale. Occorreva quindi l'intervento del Tribunale.
Ed ecco chiamato in causa il giudice di Belluno: fortunatamente con decreto immediatamente efficace ci ha pensato lui ad ordinare all'ufficiale dello stato civile la trascrizione dell'opzione che i coniugi avevano in realtà prescelto, confermata dalle dichiarazioni dei testimoni di nozze.
E tutto è tornato a posto!