di Lucia Izzo - Se pende innanzi a un giudice extra UE un giudizio tra i genitori che può incidere sull'affidamento del minore, il giudice italiano adito successivamente per l'adozione di provvedimenti sulla potestà genitoriale, deve sospendere il giudizio: si verifica un'ipotesi di litispendenza internazionale che determina la carenza di giurisdizione del giudice italiano.
Inoltre, se il minore ha vissuto 11 mesi in un paese extraeuropeo, trasferendovisi poi definitivamente per diversi anni, non basta un breve periodo di trasferimento in Italia (6 mesi) a rendere il nostro paese sua "residenza abituale": anche in questa situazione deve escludersi la giurisdizione dell'autorità italiana.
Questo è quanto emerge dalla sentenza 5418/2016 e dall'ordinanza 5420/2016 (entrambe qui sotto allegate) emanate dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione.
Per quanto riguarda il primo caso sottoposto alla Suprema Corte (ord. 5420/2016) i giudici hanno accolto il ricorso dell'ex marito che aveva presentato, dinnanzi alla Corte del Massachusetts (Usa), domanda di divorzio con richiesta di affidamento del figlio.
Il giudice adito, a seguito di sentenza parziale di divorzio, aveva autorizzato il trasferimento di madre e figlio in Italia, regolamentando gli incontri con il padre, decisione che l'uomo aveva appellato.
Il ricorrente lamenta che l'ex moglie, prima della decisione del giudice straniero, abbia introdotto giudizio ex art. 333 c.c. dinnanzi al Tribunale per i minorenni in Italia.
La Cassazione conferma che nel caso in esame trova applicazione l'art. 7 della legge n. 218 del 1995 secondo cui "quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio".
Non solo nel caso di specie all'epoca della proposizione della domanda ex art. 333 c.c. era ancora pendente il giudizio di divorzio innanzi la Corte del Massachusetts, ma il minore neppure aveva alla data del giudizio costituito la sua residenza abituale nel nostro paese.
Deve, in conclusione, dichiararsi la carenza di giurisdizione del giudice italiano.
Per quanto riguarda la sentenza 5418/2016, invece, la Corte ritiene che non possa tornarsi sul provvedimento che ha collocato il minore presso la madre nella sua residenza in Brasile.
In tema di giurisdizione sui provvedimenti "de potestate", infatti, rileva unicamente il criterio della residenza abituale del minore, determinata in base alla situazione di fatto esistente all'atto dell'introduzione del giudizio.
Ai sensi dell'art. 1 della Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, "le autorità sia giudiziarie che amministrative dello Stato di residenza abituale di un minore sono competenti (...) ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni".
Correttamente il giudice di merito ha collocato la residenza abituale in Brasile, sul rilievo che nei primi due anni di vita il bambino (nato nel 2007) ha vissuto undici mesi in Sud America, ove si è poi trasferito definitivamente da aprile 2010 a febbraio/marzo 2013 e vi è poi ritornato ad agosto 2013.
Il breve periodo di trasferimento in Italia non ha dunque inciso in concreto sul luogo di svolgimento della sua vita personale che deve ritenersi essere rimasto il paese di origine della madre dove questi ha vissuto in modo continuativo e tendenzialmente stabile per la maggior parte della sua vita.
Cass., Sezioni Unite Civili, sent. 5420/2016