Il patto sottoscritto dalle parti ha natura negoziale, il che rende applicabili le norme che disciplinano i contratti

di Lucia Izzo - Quanto stabilito dai coniugi nelle condizioni di separazione e divorzio può essere revocato solo per mutuo dissenso oppure attraverso una pronuncia che ne dichiari l'invalidità.

Lo ha stabilito il Tribunale di Caltanissetta (presidente Cammarata, relatore Sole) in una sentenza datata 22 febbraio 2016.


A seguito del ricorso del marito, dinnanzi al giudice istruttore della procedura di divorzio giudiziale, le parti concordavano il versamento di un assegno di mantenimento mensile di 100 euro che l'ex avrebbe corrisposto in favore della moglie.


Decisione su cui la donna deve aver riflettuto poiché, all'udienza di precisazione delle conclusioni, dichiara di voler revocare il consenso: parrebbe che la stessa non fosse stata a conoscenza dei redditi del marito e della rilevante sperequazione esistente tra le rispettive condizioni patrimoniali

Pertanto, chiede che il processo prosegua secondo il rito del divorzio contenzioso così da ottenere un mantenimento di 500 euro mensili.


Il collegio rappresenta tuttavia che il procedimento di scioglimento del matrimonio

(o di cessazione degli effetti civili) può esse giudiziale oppure congiunto: laddove i coniugi abbiano concordato le condizioni di separazione, il giudice dovrà sottoporle a verifica, una forma di controllo limitata alla rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, come stabilito dall'art. 4, comma 16, della legge n. 898/1970 sul divorzio. Ciò significa che gli effetti della convenzione sorgeranno solo a seguito della pronuncia del Tribunale.


Nel caso di specie, l'accordo era stato trascritto in un verbale d'udienza sottoscritto dalle parti, situazione che non permette di dubitare circa la sua validità; per quanto riguarda il contenuto delle condizioni, essendo questo chiaro, non è possibile ritenere che i coniugi volessero limitarsi a una mera dichiarazione di intenti.


Come ha stabilito la Corte di Cassazione, sentenza n. 7450/2008, il patto sottoscritto dalle parti ha natura negoziale, il che rende applicabili le norme generali che disciplinano la materia contrattuale, in particolare quelle sui vizi della volontà.

Non basta la revoca del consenso avanzata da un solo coniuge affinché l'accordo sia privato di efficacia, ma occorre un mutuo dissenso.


Insomma, conclude il Tribunale un mero ripensamento circa la convenienza o la "giustizia" di un accordo non priva di efficacia giuridica il vincolo negoziale; eventualmente la validità può essere sindacata se sussiste una causa di nullità o annullabilità.

L'errore di valutazione lamentato dalla resistente non può essere introdotto nel giudizio di divorzio, ma richiede un autonomo giudizio di cognizione attraverso un'azione ex articolo 1441 del Codice civile.


Poiché l'accordo raggiunto dai coniugi riguarda esclusivamente l'assetto dei rapporti patrimoniali tra di loro, e non l'interesse dei figli, è escluso qualsiasi controllo di merito da parte del Tribunale, quindi, non ricorrendo alcuna condizione per proseguire la causa nelle forme del procedimento contenzioso, va pronunciato il divorzio in base alle condizioni che le parti hanno già sottoscritto.



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