di Marina Crisafi - Se il cliente contesta l'esecuzione e la modalità dell'opera prestata dal professionista, questi non può affidarsi soltanto al visto apposto dall'ordine sulla parcella. Questo infatti attesta soltanto la conformità del compenso richiesto alle tariffe, ma non la prova di aver eseguito la prestazione, che grava sul professionista stesso. Ad affermarlo è la Cassazione, con la sentenza n. 5612/2016, depositata ieri dalla prima sezione civile (qui sotto allegata), bocciando il ricorso di due architetti che avevano eseguito dei lavori per un comune e ne richiedevano il pagamento.
I due ottenevano decreto ingiuntivo per le somme relative all'opera prestata ma la corte territoriale accoglieva l'opposizione dell'amministrazione, ritenendo che gli ingegneri non avessero dimostrato né l'esecuzione della prestazione né le modalità di svolgimento della stessa, giacché non poteva far fede la certificazione rilasciata dall'ordine professionale sulla conformità dei compensi alle tariffe ordinarie.
La Cassazione conferma la tesi dei giudici di merito, affermando che laddove, come nella fattispecie, ci sia contestazione da parte del committente "in ordine all'effettività e alla consistenza delle prestazioni eseguite", sollevata dall'opponente-convenuto circa l'espletamento e la consistenza dell'attività, basta che tale contestazione abbia carattere generico per "far sorgere per il professionista l'onere probatorio in ordine tanto all'attività svolta quanto alla corretta applicazione della pertinente tariffa".
Cassazione, sentenza n. 5612/2016
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