di Valeria Zeppilli - Durante il giudizio è intervenuta la cessazione della materia del contendere? Non importa: il giudice deve comunque liquidare le spese, avvalendosi del criterio della cd. soccombenza virtuale.
Sarebbe infatti immotivato operare diversamente e compensare le spese quando comunque nel corso del giudizio siano intervenuti un atto o un fatto idonei a soddisfare le pretese di una delle parti.
Così almeno si è pronunciata la seconda sezione civile della Corte di cassazione nella sentenza numero 5555/2016, depositata il 21 marzo (qui sotto allegata).
Nel caso di specie, la questione aveva ad oggetto il pagamento dovuto da una compagnia assicuratrice ad un avvocato a titolo di competenze per prestazioni d'opera intellettuale.
Il giudice di pace dichiarava la propria incompetenza per valore e l'avvocato/attore proponeva gravame dinanzi al tribunale, tribunale che, però, dichiarava l'intervenuta cessazione della materia del contendere dato che, nelle more del giudizio di primo grado, l'assicurazione aveva provveduto, stragiudizialmente, al pagamento delle somme dovute.
Condannata la Compagnia al pagamento delle spese di primo grado, il Tribunale provvedeva alla compensazione di quelle di secondo grado.
Ma l'avvocato non ci sta e si rivolge alla Cassazione: per lui il giudice di secondo grado non avrebbe considerato che il pagamento alla fine effettuato dalla Compagnia non teneva conto né delle spese né delle competenze del giudizio, con la conseguenza che egli si era trovato costretto a proseguire la controversia. Il Giudice di pace, dichiarando la propria incompetenza, aveva costretto l'attore a proporre appello onde conseguire la liquidazione delle spese del giudizio.
Avendo quindi l'assicurazione determinato la necessità del doppio grado di giudizio, in virtù del principio della soccombenza il Tribunale avrebbe dovuto condannarla anche al pagamento delle spese del gravame.
Con la premessa che nel caso di specie trovava ancora applicazione il regime anteriore a quello stabilito dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263, all'articolo 2, comma 1, lett. a), la Cassazione ha ritenuto meritevoli di accoglimento le doglianze del legale.
All'epoca, l'articolo 92 c.p.c. consentiva infatti al giudice la compensazione delle spese solo in caso di soccombenza reciproca o qualora ricorressero altri giusti motivi: il provvedimento di compensazione delle spese per giusti motivi, pertanto, avrebbe dovuto trovare un adeguato supporto motivazionale, pur senza la necessaria adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento. L'importante, insomma, era che le ragioni giustificatrici fossero chiaramente e inequivocabilmente desumibili dal complesso della motivazione.
Cosa, nel caso di specie, non verificatasi.
Inoltre, la Corte ha precisato che la statuizione del giudice del merito in ordine alla compensazione delle spese può essere censurata in sede di legittimità solo quando le ragioni poste alla base siano illogiche o contraddittorie.
Orbene, nel caso di specie, a parere della Cassazione la motivazione addotta dal Tribunale di Napoli nel compensare le spese risultava contraddittoria: il giudice, infatti, aveva riconosciuto la fondatezza della pretesa di primo grado e, poiché aveva liquidato le relative spese sul principio della soccombenza virtuale, alla stessa maniera avrebbe dovuto liquidare anche quelle del giudizio di appello.
Insomma: il fatto che la Compagnia aveva pagato nel corso del giudizio di primo grado il solo importo richiesto in via stragiudiziale a titolo di capitale e accessori non era di per sé un motivo idoneo ad omettere l'applicazione del criterio della soccombenza nella regolamentazione delle spese processuali di secondo grado.
Corte di cassazione testo sentenza numero 5555/2016