Si pensi ad esempio a quanto ricostruito dalla sentenza numero 5757/2016 della Corte di Cassazione, depositata il 23 marzo (qui sotto allegata).
Con tale pronuncia, infatti, i giudici hanno rigettato le richieste di una donna che voleva una declaratoria di addebito della separazione in capo al marito, che a suo dire sarebbe stato responsabile di violenze, ingiurie e mancanza di rispetto.
Era emerso però che la donna aveva contribuito ad allontanare la figlia dal padre instaurando con la ragazza un rapporto definito dal Tribunale in primo grado "simbiotico-funzionale", trasmettendo così alla giovane tutte le sfiducie dalla stessa nutrite verso il papà.
La madre aveva anche disatteso alle prescrizioni del tribunale sui percorsi di aiuto consigliati e, con la complicità della sorella aveva in più occasioni sottratto la figlia al padre.
In sostanza, pur essendo state ritenute provate dai giudici di merito le affermazioni della donna relative a violenze, ingiurie e mancanza di rispetto, la condotta della stessa che di fatto di ha alienato la figura paterna dalla vita della figlia, hanno condotto i magistrati a respingere la domanda di addebito della separazione.
Quanto alle (molte) altre contestazioni che i due coniugi si sono reciprocamente fatti nel corso del giudizio in esame, tra queste rileva il fatto che, nel tentativo di chiedere un aumento dell'importo stabilito a titolo di assegno di mantenimento, la donna aveva fatto leva sulla circostanza che il giudice del merito, a suo dire, non avrebbe accertato la reale situazione reddituale e patrimoniale dell'ex marito.
A tal proposito, la Corte ha però chiarito che le regole giurisprudenziali sul tema dispongono che nel giudizio di separazione la valutazione delle condizioni economiche dei coniugi non deve necessariamente fondarsi sull'accertamento esatto dell'ammontare dei redditi.
È infatti sufficiente anche una ricostruzione, purché attendibile, delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali delle parti.
Anche la scelta dei mezzi istruttori necessari a tal fine è rimessa all'apprezzamento discrezionale, pur se motivato, del giudice del merito.
Cassazione, sentenza n. 5757/2016