di Valeria Zeppilli - L'attesa sentenza del Consiglio di Stato è arrivata: l'utilizzo di pubblicità tramite sistemi come quello messo a disposizione nella piattaforma "Amica Card" non è contrario alla deontologia e al decoro professionale. Dopo la bocciatura arrivata dall'AGCM, il CNF subisce anche quella del massimo giudice amministrativo che conferma la multa salata di quasi un milione di euro.
Come precisato con la sentenza numero 1164/2016 depositata il 22 marzo (qui sotto allegata), più nel dettaglio, la predetta piattaforma ha come scopo quello di permettere al professionista, dietro pagamento di un corrispettivo, di presentare le sue attività e proporre sconti ai clienti che decidano di rivolgersi a lui per quel tramite. Per valutare la compatibilità con la deontologia e il decoro della professione, in assenza di elementi qualificanti a nulla rileva il fatto che l'accesso sia riservato solo agli affiliati al circuito o sia invece esteso a tutti gli utenti.
L'attività che il CNF contesta, insomma, è per il Consiglio di Stato una forma di pubblicità in linea con l'articolo 3, comma 5, del decreto legge numero 138/2011. Tale norma prevede che gli ordinamenti professionali sono tenuti a garantire che l'attività sia esercitata senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza dei professionisti diffusa su tutto il territorio nazionale e alla differenziazione e alla pluralità di offerta. Allo stesso tempo essa aggiunge però che è necessario assicurare la pubblicità informativa con ogni mezzo, per far conoscere in maniera libera "l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni" fornendo informazioni trasparenti, veritiere e corrette.
"Amica card", per il giudice amministrativo, svolge un'attività che non si discosta da tali connotati: pur diversa dai modelli tradizionali di pubblicità dell'attività professionale, essa presenta i caratteri di un'attività che costituisce lecita espressione dei principi di libera concorrenza.
La bocciatura scatena anche le dure reazioni dell'avvocatura che esprime la propria preoccupazione per l'accaduto. Con due comunicati stampa distinti, sia l'Associazione Nazionale Forense che l'Associazione Italiana Giovani Avvocati si sono espresse sulla condanna, sottolineando come la notizia sia "fonte di grande preoccupazione per l'intera Avvocatura soprattutto in un momento in cui al CNF sono viceversa richieste massima autorevolezza, capacità di ascolto e di seria interlocuzione e nessuna ritrosia o timore rispetto alle novità che i cambiamenti della società impongono anche agli avvocati e alle modalità di esercizio della professione". Una posizione conservatrice "volta a limitare l'autonomia degli avvocati rispetto alla determinazione del proprio comportamento economico sul mercato e nello svolgimento della professione" afferma l'Anf, che aumenta la distanza tra i professionisti e il loro organismo di rappresentanza, tanto da imporre una riforma per legge del Cnf. Un grave pregiudizio economico che impone, segue a ruota la dichiarazione dell'Aiga, "un cambiamento di rotta con rideterminazione dei suoi criteri elettivi".
Consiglio di Stato testo sentenza numero 1164/2016