di Lucia Izzo - Quando la vacanza non è all'altezza delle aspettative, in particolare l'alloggio, non resta che chiedere un risarcimento.
È questo ciò che è accaduto ad una coppia che ha citato in giudizio le due aziende che hanno organizzato il soggiorno, per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'inadempimento ad un contratto di viaggio.
Innanzi al Tribunale, le due aziende venivano condanne al pagamento in solido della somma di euro 1.051,42 per danno patrimoniale e di euro 200,00 a titolo di danno non patrimoniale: diversamente da quanto stabilito dal giudice di pace, in sede di gravame veniva infatti riscontrata una violazione dell'obbligo di informazione e/o falsa rappresentazione della realtà dei fatti rispetto a quanto ricompreso nel "pacchetto turistico".
A nulla serve il ricorso in sede di legittimità promosso da una delle aziende condannate, poiché la sentenza n. 5683/2016 (qui sotto allegata), resa dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione, rigetta l'impugnazione e conferma la condanna.
Siccome la lamentela principale dei turisti ha riguardato l'alloggio, a sua difesa la società ricorrente evoca, riproducendone un brano, la pubblicizzazione sul proprio sito internet dei servizi relativi all'hotel presso il quale i due avevano alloggiato nell'ambito del contratto di viaggio.
Tuttavia, non viene indicato come e dove il documento da cui tali risultanze emergevano era stato introdotto nel giudizio di merito e nemmeno viene indicato se e dove sarebbe esaminabile nel giudizio di legittimità.
Doglianze, quindi, eccessivamente generiche per quanto al contenuto così come il richiamo ad altri due documenti (un voucher e un depliant), di cui la ricorrente non fornisce indicazioni valide a supportare il giudizio in Cassazione ex art. 366, n. 6, c.p.c.
La Corte è quindi costretta a dichiarare inammissibile il ricorso e a confermare sia la condanna risarcitoria che quella alle spese per entrambi i gradi di giudizio (liquidate in 4.478,00 euro).
Cass., III sez. civ., sent. n. 5683/2016