Infatti, con l'obiettivo di esonerare il contribuente da spese e oneri gravosi anche in caso di vittoria, la compensazione delle spese di giudizio può essere decisa solo se vi è soccombenza reciproca o, comunque, sussistano ragioni gravi, eccezionali e espressamente motivate.
Più precisamente i casi in cui è ancora possibile compensare le spese nel rito tributario possono essere ricondotti a cinque.
Alla soccombenza reciproca si affianca il caso in cui la causa sia particolarmente complessa e manchi un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia.
Un'ulteriore ipotesi in cui il giudice è ancora legittimato a compensare le spese è quella in cui, nonostante il ricorso non sia stato accolto, il contribuente ha comunque tenuto una condotta diligente e ha agito con buona fede in sede sia giudiziale che stragiudiziale.
È possibile compensare, infine, laddove nella materia decisa sussistano pronunce di legittimità contrastanti e non vi sia una prassi interpretativa consolidata e nel caso in cui la dichiarazione di illegittimità dell'atto di accertamento e la sua conseguente nullità derivino da motivi di diritto formali.
Insomma: il contribuente che vinca in giudizio non sarà più costretto ingiustamente a farsi carico delle spese legali per la gestione del contenzioso come troppo spesso avveniva, ma tale evenienza si verificherà solo in ipotesi eccezionali.
Tali ipotesi, però, come accennato potrebbero anche risultare connesse all'atteggiamento del contribuente, al quale è quindi consigliabile, in sede di ricorso, porre l'accento sulla sua buona fede e sul fatto di aver inutilmente tentato di far valere bonariamente le proprie ragioni e sostenere in maniera decisa la vittoria di spese e onorari.
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