di Lucia Izzo - Vanno assolti dal reato di falsa attestazione, i genitori del bambino nato all'estero da madre surrogata poiché l'informazione di relazione genetica è stata redatta in conformità secondo la normativa vigente nel paese di riferimento.
Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione, sezione quinta penale, nella sentenza 13525/2016 (qui sotto allegata), sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli contro la sentenza resa dal GIP dello stesso ufficio giudiziario.
Viene confermata dagli Ermellini l'assoluzione di una coppia il cui figlio era nato a seguito di maternità surrogata in Ucraina, come attestato nella dichiarazione della madre naturale, cittadina ucraina, che aveva acconsentito che i due fossero registrati come genitori del piccolo.
Inoltre, dalla "Informazione di relazione genetica dei genitori (padre e madre) con il feto" risulta che, a seguito di diagnosi di infertilità, erano stati utilizzati, ai fini dell'impianto, ovuli non riconducibili a persona nota e spermatozoi dell'imputato; dopo la dichiarazione della madre surrogata, la nascita del minore era stata iscritta all'ufficio dello stato civile di Kiev con certificato di nascita ha indicato come genitori gli imputati, alla stregua della normativa vigente nel paese.
Il GIP aveva assolto la coppia dal reato di falsa attestazione, perché il fatto non costituisce reato, stante l'assenza di volontà dei due di commettere un illecito, come dimostrato dal fatto che si erano recati in una nazione dove la pratica di procreazione era lecita.
Inoltre, gli imputati, senza attestare alcunché, si erano limitati a richiedere la trascrizione di un atto ufficiale redatto dai pubblici uffici di Kiev in conformità alla normativa vigente, talchè non era individuabile alcun atto falso o dolosamente creato sulla base di dichiarazioni non veritiere degli stessi.
Anche in Cassazione, tale ricostruzione viene avvalorata dai giudici, disattendendo le censure sollevate dal Procuratore, secondo il quale la dichiarazione o falsa attestazione si sarebbe realizzata nel momento in cui gli imputati avrebbero ritenuto di non rispondere alla richiesta del funzionario consolare di chiarire se si fossero avvalsi della procedura di surrogazione di maternità, all'interno del territorio ucraino.
Tuttavia, precisano gli Ermellini, il reato di cui all'art. 495 c.p. presuppone una falsa dichiarazione che nel caso di specie non risulta essere intervenuta.
Ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 396 del 2000, le dichiarazioni di nascita relative a cittadini italiani (e tale è il minore, in quanto figlio di padre italiano: art. 1, comma 1, lett. a) della L. n. 91 del 1992) nati all'estero, sono rese dall'autorità consolare e devono farsi secondo le norme stabilite dalla legge del luogo alle autorità locali competenti, se ciò è imposto dalla legge stessa.
In questi casi, copia dell'atto è inviata senza indugio, a cura del dichiarante, all'autorità diplomatica o consolare.
La coppia non ha sbagliato ad esibire il certificato emesso a seguito dell'autorizzazione della madre naturale e dell'Informazione di relazione genetica, poiché tale secondo certificato è stato redatto alla stregua delle legge locale e in corrispondenza della situazione assunta come rilevante da quest'ultima.
Non può ritenersi che l'atto contenga un'informazione falsa, rappresentata dall'indicazione dell'imputata come madre naturale del minore, posto che l'ufficiale di stato civile italiano non ha formato alcun atto falso, limitandosi a trascrivere l'atto, riguardante un cittadino italiano, formato all'estero.
Cass., V sez. penale, sent. 13525/2016• Foto: 123rf.com