Dott.ssa Floriana Baldino - Annosa è la questione in merito alla prescrizione dei debiti erariali e contributivi ovvero è incerto se il termine di prescrizione sia quinquennale o decennale.
Prescrizione dei debiti Inps: la disciplina
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Per quanto concerne i debiti INPS, la normativa che regola la prescrizione è la legge n. 335/1995.
Essa parla di prescrizione del debito se entro 5 anni non viene emessa e notificata la cartella, mentre dubbi permangono sulla successiva prescrizione, ovvero se dopo la notifica della cartella, la prescrizione del debito, per inerzia dell'ADR (Agente della Riscossione, Equitalia) sia quinquennale o decennale.
Sulla prescrizione si era espressa anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6173 del 7 marzo 2008, a Sez. Un., la quale aveva stabilito che il termine di prescrizione dei contributi previdenziali non può essere superiore a cinque anni.
I giudici di legittimità, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, avevano stabilito che "con l'entrata in vigore della norma di cui alla legge 335 del 1995, opera un nuovo termine di prescrizione più breve che comincia a decorrere dalla data del primo gennaio 1996, fuori dei casi di conservazione del precedente termine decennale".
Per quanto concerne invece il temine prescrizionale successivo alla notifica della cartella, si erano espresse sia la Suprema Corte che il Consiglio di Stato.
La legge prevede che la durata della prescrizione per le pretese tributarie, ossia per gli atti amministrativi, è di soli cinque anni ai sensi e per gli effetti dell'art. 2948 c.c., e tale effetto prescrittivo non può essere modificato dalla cartella medesima in quanto mero atto amministrativo. La perentorietà e immodificabilità dei termini prescrittivi e decadenziali, è un concetto che viene ribadito anche dalla legge 212 del 2000, ovvero "lo Statuto del Contribuente".
Prescrizione debiti Inps: la giurisprudenza
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Chiara sul punto anche la Suprema Corte: "l'ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di auto accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sè le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: la decorrenza del termine per l 'opposizione, infatti, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l 'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2953 cc. ai fini della prescrizione" (Cass. 25.5.2007 n. 12263, Cass. 26.5.2003 n. 9335).
La ratio di tale perentorietà trova la sua giustificazione nella necessità di non lasciare il contribuente esposto indefinitamente all'azione esecutiva del Fisco (tra le altre, importante sul tema, è la sentenza della Cassazione del 15 luglio 2009, n. 16435). Anche il Consiglio di Stato, in sede di parere in merito a ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (avverso la decisione dell'Intendenza di Finanza di Roma 17.8. 71 n. 41354/71, inedita), emesso il 27.11.1984, si è pronunciato sulla questione, rilevando che "per i crediti di imposte iscritti a ruolo è applicabile la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948 cc. che decorre ... dal momento in cui il debito diviene oltre che liquido esigibile".
Ora, anche il tribunale di Venezia, sez. lavoro, sent. n. 256/2016 del 31/03/2016 aderisce a questa tesi, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente e annullando tutti i debiti per prescrizione quinquennale, atteso che le cartelle erano state notificate nel 2005 e le intimazioni dopo 9 anni dalla prima notifica, ovvero nel 2014.
Considerando dunque le cartelle atti amministrativi, il tribunale ha ritenuto di dover applicare l'art. 2948 c.c. condannando Equitalia alle spese di giustizia.
Esperta di diritto amministrativo, bancario e gestione della crisi d'impresa (sovraindebitamento). Iscritta anche nell'albo del Ministero della Giustizia nel registro dei gestori della crisi del sovraindebitamento.
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