Infatti, in tal caso manca il nesso causale tra l'omessa custodia del bene e il fatto dannoso.
Questo è quanto emerge dalla sentenza numero 6841/2016, depositata l'8 aprile dalla terza sezione civile della Corte di cassazione e qui sotto allegata.
Nel caso di specie, un centauro era deceduto a causa di un incidente determinato da una deformazione dell'asfalto e gli eredi avevano avanzato pretese risarcitorie nei confronti della Provincia, ente custode della strada in cui il sinistro aveva avuto luogo. Ma le loro pretese, in entrambi i gradi del merito, erano state respinte sulla base del fatto che nel corso del procedimento era emerso che l'incidente si era verificato esclusivamente a causa della velocità tenuta dal motociclista (quasi doppia rispetto a quella consentita) e del fatto che egli aveva contemporaneamente violato sia le norme del codice della strada che quelle di comune prudenza.
Dinanzi al rigetto delle loro richieste sia in primo che in secondo grado, gli eredi del centauro hanno tentato (inutilmente) la strada della Cassazione.
Nella sentenza depositata lo scorso 8 aprile, infatti, i giudici di legittimità hanno rilevato che le argomentazioni dei ricorrenti erano indirizzate a disegnare una versione alternativa del sinistro che si fonderebbe su alcuni elementi che nei precedenti gradi di giudizio non erano stati menzionati dal giudice ma che, comunque, non sarebbero idonei a neutralizzare la ratio decidendi espressa in sede di merito, ovverosia, come detto, la velocità di guida e l'omesso rispetto delle norme che regolano la circolazione stradale.
Tali aspetti sono stati ritenuti dalla Corte d'Appello sufficienti a esonerare la Provincia da ogni responsabilità, sia ex articolo 2051 che ex articolo 2043: su tale valutazione il giudice di legittimità non ha alcuna potestas judicandi.
E i parenti del centauro non possono fare altro che rassegnarsi.
Corte di cassazione testo sentenza numero 6841/2016