di Marina Crisafi - Una vera disfatta per le specializzazioni forensi che ieri sono state bocciate dal Tar Lazio (con le sentenze nn. 4424/2016, 4426/2016, 4428/2016, qui sotto allegate) in accoglimento parziale dei ricorsi presentati dall'Oua, dall'Anf e da alcuni Consigli dell'Ordine (leggi: Avvocati: il regolamento sulle specializzazioni finisce davanti al Tar).
Questione centrale nelle decisioni del giudice amministrativo, sulla quale si erano concentrate da subito le polemiche, è la previsione delle 18 materie di specializzazione, nei confronti delle quali il Tar va giù con mano pesante sottolineando come "né dalla mera lettura dell'elenco, né dalla relazione illustrativa del Ministero - è dato cogliere - quale sia il principio logico che ha presieduto alla scelta". Ed infatti, si osserva in sentenza "non risulta rispettato né un criterio codicistico, né un criterio di riferimento alle competenze dei vari organi giurisdizionali esistenti nell'ordinamento, né infine un criterio di coincidenza con i possibili insegnamenti universitari, più numerosi di quelli individuati dal decreto". Un elenco incompleto peraltro già rilevato dal Consiglio di Stato che si era pronunciato in sede consultiva sullo schema di regolamento, con rilievi ai quali il ministero si è adeguato solo parzialmente, senza "un unitario filo logico di selezione".
Da qui, "considerata la delicatezza della disciplina posta e la necessaria funzionalizzazione della normazione secondaria alla perseguita finalità di rendere il mercato delle prestazioni legali più leggibile per i consumatori", deriva l'impossibilità di condividere la tesi della difesa, secondo la quale la censura impingerebbe in una valutazione di merito riservata all'amministrazione, poiché anche le valutazioni e le scelte rimesse all'attività regolamentare "non possono sottrarsi al rispetto dei principi di intrinseca ragionevolezza e di adeguatezza rispetto allo scopo perseguito".
Oltre all'annullamento dell'art. 3, altro punto censurato dal consesso amministrativo è la necessità dello svolgimento di un colloquio davanti al Consiglio nazionale forense da parte di chi intende ottenere il titolo di specialista contando sulla precedente esperienza, ex art. 6 del regolamento.
L'assenza di specificazioni e di definizioni puntuali è tale, a detta del Tar, "da conferire al Consiglio nazionale forense una latissima discrezionalità operativa, che, oltre ad essere foriera di confusione interpretativa e distorsioni applicative (con ricadute anche in punto di concorrenza tra gli avvocati), si pone in assoluta contraddizione con la funzione stessa del regolamento in esame, che, ai sensi dell'art. 9 della legge, è quella di individuare un procedimento di conferimento definito in maniera precisa e dettagliata, a tutela dei consumatori utenti e degli stessi professionisti che intendano conseguire il titolo".
Ad uscire indenni invece dalla mannaia amministrativa, gli altri punti contestati, come la previsione di un numero di materie oggetto di specializzazione, la necessità di un minimum di incarichi annui nella specifica materia e, più in generale, il potere regolatorio da parte del ministero e l'attribuzione di competenze al Cnf.
Rimane comunque la ferma censura di elementi importanti che obbliga ora il ministero a procedere con una riscrittura del regolamento, salvo l'ipotesi di eventuali ricorsi, scoraggiati però dal richiamo del Tar alle originarie osservazioni formulate nello stesso senso da parte del Consiglio di Stato.
Tar Lazio, sentenza n. 4424/2016
Tar Lazio, sentenza n. 4428/2016
Tar Lazio, sentenza n. 4426/2016