La concreta indennizzabilità dell'infortunio in itinere, tuttavia, non sempre è chiara e spesso è definita nelle aule di giustizia.
Recentemente, ad esempio, il Tribunale di Firenze, con la sentenza numero 2/2016, ha chiarito che se il percorso che il lavoratore ha seguito per tornare a casa dal lavoro non è quello più breve, egli non ha diritto ad essere risarcito per l'infortunio eventualmente subito a meno che la deviazione non sia dipesa da cause di forza maggiore o esigenze improrogabili.
Se poi per compiere il percorso era possibile utilizzare il mezzo pubblico e non l'auto privata, l'esclusione dell'infortunio in itinere è incontestata.
Nel caso di specie, una dipendente pretendeva di essere risarcita dall'Inail per i danni subiti dopo essere caduta scendendo dalla propria autovettura nel tragitto verso casa.
Tuttavia, mancavano sia la prova della patologia che avrebbe costretto la dipendente a raggiungere la propria abitazione con l'utilizzo di un mezzo privato, che la prova che la stessa ricorrente fosse effettivamente alla guida del veicolo.
Peraltro, gli orari dei servizi pubblici per andare a lavoro e tornare a casa erano compatibili con le esigenze della donna.
Senza considerare che il luogo in cui si era verificato l'infortunio rappresentava una deviazione dal tragitto indipendente dal lavoro e non necessaria. O meglio: non connessa a cause di forza maggiore o esigenze eccezionali e improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti.
Le doglianze della dipendente non possono dunque trovare accoglimento: il suo infortunio non rientra tra quelli che l'Inail indennizza.