di Valeria Zeppilli - Con la sentenza numero 992/2016, la sezione distaccata di Catania del T.A.R. della Sicilia ha chiarito che la lunga esposizione all'inquinamento acustico non lede di per sé un diritto fondamentale idoneo a generare un danno biologico e di conseguenza non genera il diritto ad essere ristorati per le lesioni di natura non patrimoniale.
Allo stesso tempo, però, se vi è stata una condanna a ridurre il rumore, il "condannato" deve senza ritardo ottemperare la sentenza e ripagare i costi eventualmente sostenuti dalla "vittima" per potersi riparare dal rumore.
Nel caso di specie, le parti erano la società che gestisce una tangenziale e il proprietario di un appartamento prossimo alla rumorosa strada. In sede civile, la società era stata condannata a ridurre il rumore delle auto, ma non vi aveva provveduto.
Il T.A.R., quindi, le ha ordinato di provvedervi entro sei mesi: in caso contrario vedrà arrivare un commissario dell'Arpa - agenzia regionale di protezione ambientale.
In realtà, il problema resta ora esclusivamente per il periodo estivo, in quanto l'inquilino ha già investito quasi 11mila euro per isolarsi dal rumore, rifacendo gli infissi della propria abitazione, distante solo trenta metri dalla tangenziale.
Tale somma, peraltro, dovrà essere rimborsata dalla società che, almeno, si è "salvata" dal pagamento del danno biologico o esistenziale, così come di quello da deprezzamento dell'immobile, tutti non provati.