di Valeria Zeppilli - Con la recentissima sentenza numero 8243/2016, depositata ieri e qui sotto allegata, la Corte di Cassazione ha ricordato che la liquidazione degli indennizzi operata dall'Inail non può essere fatta seguendo i criteri ordinari.
Essa, piuttosto, deve rispettare i parametri, le tabelle e le regole stabilite dal sistema assicurativo e deve essere orientata al conseguimento dei fini che per questa fissa l'articolo 38 della Costituzione.
Nel caso di specie, un lavoratore si era visto negato il riconoscimento di una malattia professionale a seguito di mobbing perché nel giudizio già intentato contro l'ex datore di lavoro aveva ottenuto un risarcimento pari al 5% del danno biologico, inferiore, quindi, al minimo richiesto per la tutela Inail.
Nel corso del giudizio in realtà il ricorrente aveva chiaramente affermato che la determinazione del danno nella misura sopra riportata non poteva essere condivisa in quanto effettuata non in ambito Inail ma sotto il diverso profilo civilistico.
Per la Cassazione la posizione è assolutamente da condividere e la sentenza del giudice territoriale va cassata: oltre al fatto che l'Inail era soggetto terzo rispetto alla prima causa, i giudici hanno rilevato che la determinazione del danno biologico ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali non può essere effettuata con i medesimi criteri valevoli in sede civilistica. In sede previdenziale, infatti, ai sensi dell'articolo 13 del d.lgs. n. 38/2000 vanno utilizzate necessariamente le tabelle di invalidità di cui al D.M. 12.7.2000 e successivi aggiornamenti.
Diverso è il caso del risarcimento del danno biologico valutato ai fini civilistici: in tal caso le tabelle utilizzate sono elaborate dalla comunità scientifica nell'ambito di baremes facoltativi.
La Corte d'appello di Torino deve tornare sulla questione.
Corte di cassazione testo sentenza numero 8243/2016