di Marina Crisafi - All'anagrafe la rettificazione del sesso può essere disposta dal giudice senza necessità di intervento chirurgico. A stabilirlo è il Tribunale di Savona, con la sentenza n. 357/2016, qui sotto allegata, ponendosi nel solco tracciato dalla recente giurisprudenza di legittimità.
Nella fattispecie, un uomo separato, padre di tre figlie, che si era sottoposto soltanto ad una terapia ormonale chiedeva al giudice di ordinare all'ufficio anagrafe del comune di Savona la rettifica del certificato di nascita da sesso maschile a sesso femminile.
A sostegno della sua richiesta, il ricorrente affermava di aver vissuto sempre il proprio aspetto esteriore come un ostacolo, di avere sempre manifestato atteggiamenti tipici del sesso femminile e di essersi coniugato soltanto per convenzione sociale, nascondendo la propria vera essenza finchè la cosa gli era risultata insopportabile.
Da qui la crisi del matrimonio e l'avvio del percorso per l'adeguamento della propria identità, con la sottoposizione ad apposita terapia cui avrebbe fatto seguire, a breve, inevitabilmente, l'operazione chirurgica per adeguare i caratteri sessuali.
Per il giudice savonese la richiesta va accolta, in quanto "l'esplicazione della identità risulterebbe ingiustificatamente compressa ove la modificazione chirurgica dei caratteri sessuali divenisse presupposto indefettibile della rettificazione degli atti anagrafici, considerato che la modificazione chirurgica potrebbe anche essere foriera di un danno alla salute fisica, o psicologica del soggetto, costituzionalmente tutelata ai sensi dell'articolo 32 Costituzione".
Dal dettato della legge emerge con chiarezza, osserva il giudice, che il diritto alla rettificazione dell'attribuzione di sesso è riconosciuto "nei limiti 'dell'intervenuta modificazione dei caratteri sessuali', requisito che la giurisprudenza maggioritaria ha interpretato come necessità dell'intervento di riassegnazione chirurgica del sesso". Tuttavia, si legge ancora in sentenza, non è possibile ricavare immediatamente quali siano "i caratteri sessuali da modificare - potendosi dunque ritenere sufficiente anche una modifica di quelli secondari - per la quale basta effettuare delle cure ormonali, e non anche una modifica dei caratteri sessuali primari (ossia gli organi genitali), che richiede, invece, una operazione chirurgica particolarmente invasiva".
Da qui la necessità di un'interpretazione, coerente con la realtà attuale del transessualismo, prescindendo da un intervento chirurgico demolitivo ricostruttivo, in linea con quanto affermato dalla Cassazione (sentenza n. 15138/2015) per la quale "per ottenere la rettificazione del cambio di sesso nei registri di stato civile deve ritenersi non obbligatorio l'intervento chirurgico" e dal giudice delle leggi (cfr. sentenza
n. 221/2015), per il quale "la prevalenza del diritto alla salute sulla corrispondenza tra sesso anatomico e anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico".Né può ostare alla richiesta dell'uomo il disaccordo dei familiari, giacché "pur comprendendo le ragioni, anche umane, che ispirano tali considerazioni", è innegabile che il riconoscimento dell'identità di genere rientri nella sfera dei diritti costituzionalmente tutelati e quindi indisponibile e insuscettibile di contestazione da parte di terzi.
Tribunale Savona, sentenza n. 357/2016
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