di Lucia Izzo - Anche il solo assegno bancario consente di dimostrare la sussistenza di un debito idoneo ad attivare l'azione monitoria: assume, infatti, la valenza di un titolo ai sensi dell'art. 1988 c.c. (Promessa di pagamento e ricognizione di debito) se è dimostrata la sussistenza di un rapporto causale tra creditore e debitore.
Lo ha chiarito il Tribunale di Palermo nella sentenza 1002/2016 che ha respinto l'opposizione a decreto ingiuntivo avanzata da una società nei confronti di altra azienda sua creditrice.
La ricorrente contesta che l'ingiunzione di pagamento ottenuta dalla controparte sia fondata su assegni bancari; ciononostante i giudici rammentano una consolidata giurisprudenza secondo cui, per attivare l'azione monitoria, è sufficiente "qualsiasi documento proveniente non solo dal debitore ma anche da un terzo, purché idoneo a dimostrare il diritto fatto valere, anche se privo di efficacia probatoria assoluta".
I giudici siciliani, ripercorrendo i passi di un precedente della Cassazione, ricordano che l'assegno ha il valore di una promessa di pagamento ex art. 1988 c.c.; tuttavia, a tal fine è necessario che la parte abbia indicato nella sua domanda di pagamento "quale sia il rapporto causale azionato".
Infatti, "è solo tale precisa modalità di prospettazione della domanda" che consente di "demarcare con nettezza la differenza tra azione cartolare e azione causale".
Nel giudizio di opposizione, invece, si potrà ottenere piena cognizione per quanto riguarda la pienezza del credito, al di là della legittimità, validità ed efficacia dell'ottenuto decreto ingiuntivo.
Nel caso di specie, le eccezioni poste a fondamento dell'opposizione vanno disattese.