di Lucia Izzo - Esiste un importo minimo di debito in base al quale il creditore potrà pignorare un immobile di proprietà come la prima casa o un terreno? In linea generale, i creditori possono intraprendere una procedura esecutiva per qualsiasi importo (sempre che ne abbiano una reale convenienza economica), tuttavia bisogna distinguere se ad azionare l'esecuzione forzata è un agente della riscossione (come Equitalia) oppure un privato:
Il pignoramento del creditore privato
In ossequio al dettame codicistico per cui il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.), i creditori privati (come banche, fornitori, ecc.) potranno ipotecare e procedere alla vendita di un bene immobile del debitore, come un terreno o la casa (anche se sia la prima dove egli ha stabilito la propria residenza).
Non esiste alcun limite quando si tratta di tali soggetti, che possono procedere, così come avviene per i pignoramenti mobiliari e presso terzi per qualunque importo, anche di basso ammontare, sempre che ne ravvisi la convenienza economica.
Il pignoramento di Equitalia
Diverso è invece il caso in cui il creditore procedente sia Equitalia che non potrà procedere per il pignoramento della prima casa se questa sia "l'unica casa", ossia se il contribuente non sia proprietario di altri immobili, e questa sia una civile abitazione, non di lusso, in cui il debitore abbia stabilito la sua residenza.
Ciò significa a contrario che sarà pignorabile l'immobile, anche unico, adibito a studio professionale, oppure dato in affitto a terzi oppure sia di lusso e/o iscritto nelle categorie catastali A8 (ville) e A9 (castelli).
Quando il creditore è Equitalia, inoltre, sono previsti alcuni ulteriori limiti all'azione: prima del pignoramento dovrà sempre iscrivere ipoteca; tale ipoteca potrà essere iscritta solo per un debito superiore a 20.000 euro e, infine, il pignoramento potrà essere avviato solo per un debito superiore a 120mila euro.
Il pignoramento dopo il d.l. 59/2016
Con il d.l. 3 maggio 2016 n. 59, recante "Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione", il legislatore ha inteso introdurre una serie di misure in tema di espropriazione forzata allo scopo di rendere il processo esecutivo più snello e veloce, accelerando la definizione delle procedure esecutive in materia civile.
La normativa consente, quando creditore sia una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico, che questo possa rivalersi sull'immobile finanziato in caso di inadempimento del debitore, procedendo tramite trattative private al trasferimento o alla vendita dell'immobile senza che sia necessario l'intervento dell'autorità giudiziaria. In sostanza si tratta di una procedura alternativa alla tradizionale ipoteca che, viste le tempistiche ridotte, consente un più rapido soddisfacimento delle pretese creditorie.
Secondo l'art. 2, comma II, al proprietario dovrà essere corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento.
Si ha inadempimento, a detta della legge, quando il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili; in alternativa, per oltre sei mesi dalla scadenza anche di una sola rata, quando il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile; ovvero, per oltre sei mesi, quando non è prevista la restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale, dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento.
La legge precisa, infine, che il trasferimento non può essere convenuto in relazione a immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
Per approfondire, leggi: "Equitalia, quali beni sono pignorabili e quali intoccabili"