di Lucia Izzo - Rischia una condanna per violenza privata l'automobilista che parcheggia l'auto in modo tale da ostruire l'unica via che consente il passaggio di un'altra autovettura per entrate e uscire da casa o dal parcheggio.
Il reato ex art. 610 c.p. si realizza in presenza di qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.
Un principio già sostenuto più volte dalla Cassazione, ad esempio nella sentenza n. 48346/2015: in quel caso la Suprema Corte ha evidenziato che integra violenza privata il parcheggio "selvaggio" dell'autovettura che, impedendo di fatto ogni passaggio, aveva reso alla parte offesa difficoltoso o del tutto impossibile spostare il proprio veicolo (leggi: "Commette reato chi parcheggia bloccando altre auto. Parola di Cassazione!").
La Corte ha rammentato che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla parte lesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione.
Stessa sorte è toccata a chi ha parcheggiato in modo tale da bloccare l'unico accesso a un fondo altrui, oppure ad automobilisti il cui mezzo, posizionato nel cortile condominiale, ha impedito l'uscita degli altri veicoli.
Nell'indirizzo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità si innesta una recente pronuncia della Corte d'Appello di Palermo, sezione III penale, sentenza 22 febbraio 2016, n. 648 (qui sotto allegata), che ha confermato la condanna emessa dal giudice di prime cure nei confronti di un uomo, fratello della parte offesa.
Il gravame dell'uomo per evidenziare l'insussistenza del reato è infondato: come confermato dalle numerose testimonianze, ritenute attendibili dai giudici, l'imputato aveva più volte parcheggiato la propria autovettura nell'unica stradina di accesso impedendo alla parte offesa di raggiungere la propria abitazione.
Una situazione durata diversi anni e avvalorata anche dalle dichiarazioni delle forze dell'ordine, che intervenute in loco, avevano rilevato l'effettiva presenza di autovetture che impedivano il passaggio.
Per i giudici della Corte, risulta provato il delitto di violenza privata, nelle sue componenti oggettive e soggettive, poiché non è richiesto, per la sua configurabilità, che la condotta criminosa si protragga nel tempo, trattandosi di reato istantaneo.
In tema di violenza privata (art. 610 cod. pen.), il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l'offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà.
Corte d'Appello Palermo, sent. 22 febbraio 2016, n. 648