di Lucia Izzo - Il danno risarcibile da responsabilità professionale non deve essere confuso con l'inadempimento dell'avvocato: è necessaria la prova in ordine alla sussistenza del nesso eziologico tra la condotta del professionista ed il pregiudizio derivato al cliente, non potendo il danno risarcibile coincidere con la condotta negligente del legale.
In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 10698/2016 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un uomo contro un avvocato, teso a sentirlo condannare, previo accertamento della sua responsabilità professionale, al risarcimento del danno.
Il ricorrente, membro di una cooperativa edilizia, lamenta il negligente ed imperito espletamento del mandato difensivo affidato al legale ai fini dell'impugnativa di alcune delibere assembleari dalla cui compagine sociale l'attore era stato escluso come socio.
In sede di merito, veniva da ambedue i giudicanti ritenuta insussistente la responsabilità professionale dell'avvocato "in mancanza di prova - e prima ancora di allegazione - della probabilità di un giudizio favorevole, nell'ipotesi in cui non si fossero verificate le omissioni del difensore".
Per fondare la responsabilità del professionista, secondo i giudici, si sarebbe difatti resa necessaria una valutazione prognostica, volta a stabilire, se l'evento dannoso non si sarebbe verificato ugualmente, pur nell'ipotesi di una diversa linea difensiva e quindi senza l'inerzia e le preclusioni processuali rilevate in giudizio.
In base a ciò, la Corte territoriale aveva escluso che il ricorrente avesse fornito allegazioni e prova in ordine alla sussistenza di tale nesso eziologico.
Un impianto motivazionale ritenuto corretto e solido dagli Ermellini, che avallano il consolidato orientamento seguito dal giudice del gravame: "la responsabilità dell'avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva (anche per violazione del dovere di informazione), ed il risultato derivatone"
Pertanto, il danno risarcibile (legato all'anzidetto giudizio prognostico) non può essere confuso con l'inadempimento stesso, ma deve essere provato dall'istante quale concreto pregiudizio subito in conseguenza dell'illecito contrattuale.
Cass., III sez. civ., sent. 10698/2016• Foto: 123rf.com