Può avere valore legale un semplice messaggio di posta elettronica? Analisi del quadro normativo
Avv. Isabella Vulcano - Un semplice messaggio di posta elettronica ha un qualche valore legale? La normativa italiana lascia spazio all'interpretazione del giudice ma senza dare uno strumento certo in materia .
Quale valore possono avere dunque le e-mail dal punto di vista giuridico? Esse vengono utilizzate sia in ambito privato sia in ambito pubblico, ma una e-mail è equiparabile a un documento sottoscritto o non ha alcun valore? E soprattutto occorre sapere se una semplice e-mail può trasformarsi in una vera e propria prova nel giudizio.
Per di dare risposta ai predetti interrogativi, occorre innanzitutto considerare la disciplina introdotta dal legislatore, che, a partire dalla L. n. 59/1997, ha regolamentato la validità dei documenti formati e/o trasmessi con strumenti informatici.
Il Codice dell'Amministrazione Digitale (c.d. CAD) di cui al D. Lgs. 82/2005 e successive modificazioni ci consente di sciogliere la preliminare questione relativa all'inquadramento giuridico dell'e-mail. Quest'ultima, infatti, può essere ricondotta nella categoria dei cd. documenti informatici, in ragione della definizione che di essi viene fornita all'art. 1, 1° comma, lett. p) del suddetto Codice quale «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti».
L'e-mail inviata tramite posta elettronica c.d. standard può essere considerata un documento informatico sottoscritto?
Vi sono, in proposito, due orientamenti contrapposti. Da un lato, infatti, vi è chi ritiene che l'e-mail sia da considerarsi quale semplice documento informatico privo di firma, in considerazione dell' assenza di garanzie che consentano di attribuire allo stesso una paternità certa, a nulla rilevando il dispositivo di riconoscimento tramite password per l'accesso alla posta elettronica, poiché quest'ultimo sarebbe privo della necessaria connessione logica con i dati elettronici che costituiscono il messaggio. Secondo tale orientamento, il valore probatorio dell'e-mail sarebbe da rinvenirsi nell'art. 2712 c.c. (così come modificato ex art. 23-quater, CAD) alla stregua del quale le riproduzioni informatiche, «fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate» solo se colui contro il quale sono prodotte non le contesta tempestivamente disconoscendone la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Secondo un differente orientamento, invece, l'e-mail è da considerare, a tutti gli effetti, un documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice, come tale liberamente valutabile dal giudice sia in ordine all'idoneità della medesima a soddisfare il requisito della forma scritta, sia per ciò che concerne il suo valore probatorio, ai sensi degli artt. 20, comma 1-bis e 21, comma 1, D.Lgs. 82/2005.
Tale impostazione si giustifica alla luce del fatto che lo user id e la password utilizzati per accedere alla casella di posta elettronica sono considerati mezzi di identificazione informatica e come tali rientranti nella definizione di firma elettronica data dal legislatore.
Si potrebbe obiettare, tuttavia, che sebbene l'accesso alla casella di posta elettronica comporti l'autenticazione dell'utente, ossia l'inserimento di uno user id e relativa password, potrebbe accadere che tali informazioni siano state in precedenza memorizzate in modo tale da consentirne l'accesso immediato. In tale eventualità, quindi, la paternità del documento inviato non corrisponderebbe al formale mittente del messaggio. Inoltre, sussiste la possibilità che il messaggio di posta elettronica ricevuto venga modificato, pregiudicandone l'integrità, o che un'e-mail mai venuta ad esistenza sia addirittura creata ad arte in modo tale da risultare tra i messaggi di posta ricevuti (o inviati).
In sintesi: il giudice può considerare una email come una prova, ma esistono diverse varianti da prendere in considerazione. Per sua natura, il messaggio elettronico è suscettibile di modifiche che impediscono di considerarlo completamente attendibile.
Visti i numerosi dubbi interpretativi sollevati dalla dottrina e dei discordanti orientamenti giurisprudenziali in materia, sarebbe auspicabile tuttavia un intervento del legislatore che facesse chiarezza sul valore giuridico e, in specie probatorio, da attribuire alla posta elettronica non certificata, tentando di risolvere le difficoltà nel cercare soluzioni al difficile rapporto spesso sussistente tra diritto e tecnologia.
Quale valore possono avere dunque le e-mail dal punto di vista giuridico? Esse vengono utilizzate sia in ambito privato sia in ambito pubblico, ma una e-mail è equiparabile a un documento sottoscritto o non ha alcun valore? E soprattutto occorre sapere se una semplice e-mail può trasformarsi in una vera e propria prova nel giudizio.
Per di dare risposta ai predetti interrogativi, occorre innanzitutto considerare la disciplina introdotta dal legislatore, che, a partire dalla L. n. 59/1997, ha regolamentato la validità dei documenti formati e/o trasmessi con strumenti informatici.
Il Codice dell'Amministrazione Digitale (c.d. CAD) di cui al D. Lgs. 82/2005 e successive modificazioni ci consente di sciogliere la preliminare questione relativa all'inquadramento giuridico dell'e-mail. Quest'ultima, infatti, può essere ricondotta nella categoria dei cd. documenti informatici, in ragione della definizione che di essi viene fornita all'art. 1, 1° comma, lett. p) del suddetto Codice quale «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti».
L'e-mail inviata tramite posta elettronica c.d. standard può essere considerata un documento informatico sottoscritto?
Vi sono, in proposito, due orientamenti contrapposti. Da un lato, infatti, vi è chi ritiene che l'e-mail sia da considerarsi quale semplice documento informatico privo di firma, in considerazione dell' assenza di garanzie che consentano di attribuire allo stesso una paternità certa, a nulla rilevando il dispositivo di riconoscimento tramite password per l'accesso alla posta elettronica, poiché quest'ultimo sarebbe privo della necessaria connessione logica con i dati elettronici che costituiscono il messaggio. Secondo tale orientamento, il valore probatorio dell'e-mail sarebbe da rinvenirsi nell'art. 2712 c.c. (così come modificato ex art. 23-quater, CAD) alla stregua del quale le riproduzioni informatiche, «fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate» solo se colui contro il quale sono prodotte non le contesta tempestivamente disconoscendone la conformità ai fatti o alle cose medesime.
Secondo un differente orientamento, invece, l'e-mail è da considerare, a tutti gli effetti, un documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice, come tale liberamente valutabile dal giudice sia in ordine all'idoneità della medesima a soddisfare il requisito della forma scritta, sia per ciò che concerne il suo valore probatorio, ai sensi degli artt. 20, comma 1-bis e 21, comma 1, D.Lgs. 82/2005.
Tale impostazione si giustifica alla luce del fatto che lo user id e la password utilizzati per accedere alla casella di posta elettronica sono considerati mezzi di identificazione informatica e come tali rientranti nella definizione di firma elettronica data dal legislatore.
Si potrebbe obiettare, tuttavia, che sebbene l'accesso alla casella di posta elettronica comporti l'autenticazione dell'utente, ossia l'inserimento di uno user id e relativa password, potrebbe accadere che tali informazioni siano state in precedenza memorizzate in modo tale da consentirne l'accesso immediato. In tale eventualità, quindi, la paternità del documento inviato non corrisponderebbe al formale mittente del messaggio. Inoltre, sussiste la possibilità che il messaggio di posta elettronica ricevuto venga modificato, pregiudicandone l'integrità, o che un'e-mail mai venuta ad esistenza sia addirittura creata ad arte in modo tale da risultare tra i messaggi di posta ricevuti (o inviati).
In sintesi: il giudice può considerare una email come una prova, ma esistono diverse varianti da prendere in considerazione. Per sua natura, il messaggio elettronico è suscettibile di modifiche che impediscono di considerarlo completamente attendibile.
Visti i numerosi dubbi interpretativi sollevati dalla dottrina e dei discordanti orientamenti giurisprudenziali in materia, sarebbe auspicabile tuttavia un intervento del legislatore che facesse chiarezza sul valore giuridico e, in specie probatorio, da attribuire alla posta elettronica non certificata, tentando di risolvere le difficoltà nel cercare soluzioni al difficile rapporto spesso sussistente tra diritto e tecnologia.
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