Avv. Isabella Vulcano - Alcune pratiche commerciali sono, da un punto di vista legale, definibili quali scorrette, ingannevoli o aggressive.
L'Autorità Garante della Concorrenza del Mercato è più volte intervenuta per reprimere condotte definibili quali pratiche commerciali scorrette, ingannevoli o aggressive. In questa breve disamina si vogliono mettere in luce alcuni punti
salienti relativi alla attuale disciplina della c.d. pubblicità ingannevole, in modo tale da consentire al lettore - consumatore di riconoscere più facilmente i casi in cui si trova per poterli fronteggiare.
L'Italia è stato il primo Paese dell'Unione Europea a recepire la direttiva n. 2005/29/CE sulle pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori nel mercato interno, approvando il d.lsg. n. 145/2007 (in merito alla pubblicità ingannevole e comparativa nei rapporti tra imprese concorrenti) e il d.lgs. n. 146/2007 (in merito alla pubblicità ingannevole tra imprese e consumatori nel mercato interno), entrati in vigore il 21 settembre 2007.
In particolare, il d.lgs. n. 146/2007 introduce il nuovo concetto di pratica commerciale sleale, ampliando quello di pubblicità ingannevole, riscrivendo in particolare gli artt. 18 - 27 del Codice del Consumo, già relativi alla sola pubblicità ingannevole.
Pertanto, il campo di applicazione della nuova disciplina non prevede più solo i messaggi di pubblicità ingannevole o di pubblicità comparativa illecita, ma investe qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione,
vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.
Ma in cosa consiste, concretamente, una pratica commerciale scorretta?
Una pratica commerciale consiste in una qualsiasi "azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un bene o servizio ai consumatori" (art. 18, lett. d), d.lgs. n. 146/2007).
In generale, una pratica commerciale è scorretta, ovvero illecita e vietata, se è "contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori" (art. 20, comma 2, d.lgs. n. 146/2007).
E' scorretta anche la pratica commerciale che, "riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di
prudenza e vigilanza" (art. 21, comma 3, d.lgs. n. 146/2007), ovvero quella pratica che, "in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza" (art. 21, comma 4,
d.lgs. n. 146/2007).
E' interessante evidenziare che, al fine di rendere evidenti le pratiche commerciali scorrette e consentire al consumatore di difendersi, è prevista una lista nera di pratiche commerciali considerate sempre vietate, perché valutate ex lege ingannevoli o aggressive. In particolare, la nuova disciplina ha previsto un elenco di pratiche ingannevoli ed uno di pratiche aggressive "in sé e per sé", ossia considerate tali (ingannevoli o aggressive) a prescindere da qualsiasi
dimostrazione in ordine alla diligenza professionale o in ordine alla loro idoneità a falsare le scelte del consumatore.
Ad esempio, sono pratiche in ogni caso ingannevoli, tra le altre, quelle che consistono nell'asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato.
Parimenti, sono in ogni caso aggressive, tra le altre, quelle pratiche consistenti nel creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto, ovvero l'effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza.
La nuova disciplina prevede, inoltre, una serie di rimedi posti a tutela del consumatore nonché un inasprimento delle sanzioni amministrative rispetto a quelle precedentemente in vigore per la pubblicità ingannevole, con aumenti sia nella previsione del minimo edittale che nell'ammontare massimo (fino ad € 500.000 per infrazione).