di Francesco Barresi - Da oggi, chiunque darà dell'indegno al presidente della Repubblica non commetterà reato. Si è concluso infatti con l'assoluzione il processo d'appello a carico del leader de La Destra, Francesco Storace, per vilipendio al capo dello Stato.
La vicenda
La vicenda si ricorda, è iniziata nel 2007, quando il politico sedeva ancora tra gli scranni del Senato. All'epoca, aveva presentato un disegno di legge costituzionale per abolire i senatori a vita. Disegno che diede vita al "botta e risposta" da cui scaturì il processo: l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definì infatti "indegno" chi criticava i senatori a vita e Storace a stretto giro di posta ribadì che "indegno" era lui "di una carica usurpata a maggioranza".
Da qui la denuncia per vilipendio e l'inizio del processo, autorizzato dall'allora guardasigilli Mastella e concluso in primo grado con la condanna dell'ex governatore della regione Lazio a sei mesi sospesa con la condizionale.
Un beneficio non accettato dal politico che proprio in questi giorni, mentre il presidente della prima sezione stava per dichiarere prescritto il processo, ha formalizzato la rinuncia alla prescrizione, convinto di ricevere l'assoluzione e attendendo il verdetto della Corte d'Appello di Roma nell'udienza di oggi.
"Questo è un processo in cui si giudica il diritto del popolo a criticare il Palazzo" ha spiegato Storace, affermando senza ombra di dubbio che rifarebbe quello che ha fatto "perché indegno non è un'offesa ma un giudizio".
"Per coerenza e dignità ho rinunciato alla prescrizione - ha scritto il leader in una lettera inviata al Tempo - perché voglio guardare in faccia i giudici e capire se in questo Paese si può ancora rischiare la galera per dire al presidente della Repubblica che sta governando male la sua Istituzione, che la sta gestendo con faziosità. Tutti ormai sanno che Napolitano è stato fazioso".
Il dibattimento
Dopo un'ora di dibattimento iniziato alle 14:30 nella prima aula della sezione penale della corte d'appello di Roma con la requisitoria del procuratore generale che ha chiesto ai giudici di confermare la sentenza di primo grado in cui si condannava il senatore Storace di aver leso il prestigio del presidente Napolitano, accusato di faziosità e di ricoprire indegnamente la sua carica, sostenendo che la sua carica per istituzione è super partes veementi le arringhe dei difensori Romolo Reboa e Giosuè Naso, che hanno impugnato la sentenza. l'avv. Reboa ha sostenuto che il caso è accaduto nel pieno di una accesa diatriba politica, in cui il "presidente Napolitano è sceso a gamba tesa come un arbitro per separare i due giocatori litiganti, e ora per pacificare le proteste si vuole condannare ed espellere il senatore Storace con un atto di evidente matrice politica e perseguibile d'ufficio, che lede la libera manifestazione del pensiero e il diritto di critica, soprattutto di un senatore votato dal popolo italiano. Questo processo è indegno della nostra Repubblica. E' un atto politico. L'art. 278 del codice penale è un retaggio della dittatura del codice Rocco e del reato di lesa maestà, la cui pena va da 1 anno a 5 anni. Oggi nel 2016 con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione le parole sono lanciate al vento dei social network. Il mondo in 10 anni è cambiato ma questo retaggio della dittatura no". Sulla stessa linea l'avv. Naso, che ha esposto come "Il tribunale di Rovigo ha assolto una donna di Portocolle che ha offeso il presidente, quindi ledendone l'onore e il decoro, mentre qui si vuole condannare un senatore che ha adempiuto al suo mandato politico dell'opposizione, in quanto ha attaccato la senatrice Montalcini che con il suo voto garantiva un solido sostegno al governo. Questo processo è stato un banco di prova delle libertà civili e individuali che regnano in Italia".
La decisione
Assolto perché il fatto non costituisce reato. E' questa la decisione depositata pochi secondi fa dalla Corte d'Appello di Roma a seguito del dibattimento di oggi. Le motivazioni saranno depositate in seguito.
Le tre interviste che raccolte in aula al termine del processo:
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