di Marina Crisafi - Il giudice può legittimamente e a sua discrezione modulare la ripartizione sia delle spese processuali che per il consulente tecnico d'ufficio in caso di soccombenza reciproca. A stabilirlo è la prima sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 11397/2016 (qui sotto allegata), respingendo il ricorso di due correntisti avverso la ripartizione delle spese del Ctu disposta dal tribunale.
La vicenda traeva origine da un decreto ingiuntivo emesso a favore di una banca e a carico dei due ricorrenti. Il giudice di pace, nel giudizio di opposizione in primo grado, revocava il decreto e respingeva la domanda formulata ex art. 96 c.p.c. dagli opponenti nei confronti dei legali della banca. Il tribunale, disposta la consulenza tecnica d'ufficio, accertava un debito residuo dei correntisti nei confronti della banca e perciò compensava le spese di lite e poneva a carico degli stessi le spese del perito.
I correntisti non ci stanno e ricorrono innanzi alla Suprema Corte lamentando la violazione dell'art. 91 c.p.c. per avere il giudice posto a carico loro le spese della Ctu, nonostante fossero vincitori della causa.
Per gli Ermellini, invece, la censura è infondata, atteso che gli appellanti sono rimasti soccombenti in ordine all'impugnazione incidentale.
Conseguentemente, sottolineano da piazza Cavour, "non risulta violato il principio secondo il quale sulla parte totalmente vittoriosa non possono gravare le spese processuali". Ad eccezione di tale ipotesi, infatti, il giudice del merito può "in caso di soccombenza reciproca discrezionalmente modulare la ripartizione delle spese processuali e quelle di consulenza tecnica". Per cui, la motivazione sulla compensazione, fondata appunto sulla soccombenza reciproca, "sostiene legittimamente anche la scelta operata sul carico delle spese di consulenza tecnica". Da qui, il rigetto del ricorso principale, l'inammissibilità di quello incidentale e la compensazione delle spese del giudizio.
Cassazione, sentenza n. 11397/2016
• Foto: 123rf.com