di Marina Crisafi - Niente carcere per gli immigrati clandestini senza documenti. Lo ha stabilito la grande sezione della Corte di Giustizia Europea con la sentenza n. C-47/15, pubblicata oggi (qui sotto allegata), pronunciandosi sul caso di una donna ghanese arrestata in Francia nel 2013, mentre tentava di attraversare l'Eurotunnel a bordo di un mezzo partito dal Belgio e diretto a Londra.
Fermata e posta sotto custodia per essere entrata illegalmente nel territorio francese, con un passaporto falso, la donna presentava ricorso richiamando la direttiva rimpatri dell'Unione Europea che stabilisce che un immigrato illegale ha fino a 30 giorni per aderire volontariamente al procedimento espulsivo.
Investito della questione, il tribunale francese si è rivolto alla corte del Lussemburgo per un parere di legittimità sulla procedura adottata.
E per i giudici europei ha ragione la donna. Dalla grande sezione, infatti, hanno stabilito che l'incarcerazione di un cittadino straniero colpevole soltanto di ingresso illegale nel territorio dell'Unione viola le norme europee, compromettendone altresì l'efficacia, in quanto ritarda le procedure di espulsione verso il suo Paese di origine o di transito.
Il carcere, ha proseguito la Cgue, fino a 18 mesi, è ammesso solo nelle seguenti circostanze: se lo straniero non rispetta il provvedimento di espulsione; se c'è il rischio che lo stesso possa essere "compromesso"; se il clandestino incorre in una nuova violazione del divieto di fare ingresso nello Stato membro dal quale è stato espulso; ovvero, se commette reati penali.
Tali principi, in ogni caso, sono validi all'interno dell'area Schengen e dunque ne sono fuori Regno Unito, Irlanda e Danimarca, che pur rientrandovi può esercitare l'opzione di "opt out" rispetto alle politiche europee in materia di giustizia.
Corte di Giustizia Ue, sentenza n. c-47-15