di Valeria Zeppilli - Nell'ordinamento processuale italiano, il rispetto dei termini fissati è quasi sempre un baluardo insuperabile a tutela della certezza e non può essere sottovalutato.
La sua rilevanza, peraltro, non si affievolisce neanche nei giudizi di separazione: come affermato a gran voce dalla prima sezione del Tribunale di Roma in un decreto del 13 maggio 2016, infatti, ogni richiesta dei coniugi intervenuta dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni deve considerarsi tardiva.
In particolare il Giudice istruttore, nel caso di specie, ha definitivamente e con forza chiarito che, dopo che la causa è stata rimessa al Collegio a seguito delle conclusioni che le parti hanno rassegnato all'udienza ex articolo 189 del codice di rito, qualsivoglia ulteriore richiesta non può essere più a lui indirizzata. Neanche se relativa a fatti sopravvenuti.
A seguito della rimessione della causa al Collegio, del resto, il giudizio non può più reputarsi pendente e su di esso non incidono, quindi, neppure eventi sopravvenuti.
Nel processo di separazione, peraltro, tale statuizione assume una rilevanza fondamentale in quanto dimostra come, nonostante la necessaria adattabilità delle statuizioni alla vita concreta per la particolare delicatezza degli interessi in gioco, sia comunque necessario tracciare una linea oltre la quale la mutevolezza delle vicende inerenti la causa non possa più incidere su di essa.
Delle evoluzioni, insomma, si potrà semmai tenere conto solo attraverso gli ulteriori e diversi rimedi previsti dal nostro ordinamento in caso di separazione e divorzio, come quello della modifica successiva delle condizioni stabilite.