di Lucia Izzo - Nella liquidazione delle spese in favore della parte civile, il giudice deve adeguatamente motivare sia riguardo le voci riferibili effettivamente alle singole attività defensionali dedotte, che sulla congruità delle somme liquidate, non potendosi limitare a un mero riferimento all'importo complessivo.
Solo così l'imputato, destinatario della sentenza di "patteggiamento", può verificare la congruità della liquidazione.
Lo ha disposto la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 24395/2016 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di un uomo, imputato del reato di cui all'art. 642 c.p. e per questo condannato con sentenza di patteggiamento. L'imputato ricorre per cassazione deducendo la carenza di motivazione in ordine alla quantificazione delle spese legali in favore della parte civile e l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 12 del D.M. 55/2014 per non aver indicato i parametri di riferimento della liquidazione delle spese processuali in favore della medesima parte civile.
In sostanza, non sarebbero state specificate le voci che hanno concorso a formare l'importo complessivo delle spese processuali liquidate in favore della parte civile, ad avviso del ricorrente non conforme ai parametri del D.M. 55/14, e comunque si tratterrebbe di un importo non verificabile in quanto non supportato da motivazione.
Gli Ermellini rilevano che, in effetti, la sentenza impugnata si limita a liquidare in dispositivo a favore della parte civile, le spese, senza richiamare nemmeno genericamente i parametri di riferimento, così da privare l'imputato del potere di controllo della congruità di detta liquidazione.
La Corte ha ripetutamente ritenuto ricorribile per cassazione, sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile a condizione che siano indicate nel ricorso, anche in modo sommario, le ragioni di illegittimità della liquidazione e le violazioni dei limiti tariffari relativi alle attività difensive svolte dal patrono di parte civile, condizione ampiamente rispettata dal ricorrente, che ha provveduto a contestare motivatamente, la somma complessivamente liquidata, tenuto conto delle voci astrattamente applicabili ex d.m. 55/14.
Quanto al difetto di motivazione, poi, questo sussiste: la liquidazione delle spese in favore della parte civile non può essere effettuata con un semplice riferimento all'importo complessivo, in quanto non contiene alcuna valutazione sulla congruità degli emolumenti in relazione alle previsioni della tariffa professionale ed all'entità e pertinenza delle somme anticipate, sicché viene sottratta, di fatto, all'imputato qualsiasi possibilità di controllo sulla stessa.
Nel liquidare dette spese, il giudice ha il dovere di fornire adeguata motivazione sia sull'individuazione delle voci riferibili effettivamente alle singole attività defensionali dedotte, che sulla congruità delle somme liquidate, avuto riguardo ai limiti minimi e massimi della tariffa forense, al numero e all'importanza delle questioni trattate e alla natura ed entità delle singole prestazioni difensive.
I giudici richiamano il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, secondo le quali "è ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalità della somma liquidata e alla esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all'udienza di discussione, nulla sia stato eccepito"
Cass., II sez. pen., sent. 24395/2016