Per la Cassazione, non rileva che la donna abbia rinunciato al mantenimento in sede di separazione, considerato il lavoro precario vanno comunque confrontati i redditi

di Lucia Izzo - La moglie precaria ha diritto all'assegno mensile di mantenimento anche se con un accordo, in sede di separazione, ha pattuito la rinuncia alla somma fino al raggiungimento, da parte sua, di adeguati redditi propri.

Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza 12217/2016 (qui sotto allegata) che ha riformato la sentenza d'appello che aveva escluso l'assegno di mantenimento fissato in primo grado in 150 euro a carico del marito e in favore dell'ex moglie.


Consolidata giurisprudenza, rammentano gli Ermellini, stabilisce che l'assegno va rapportato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma indice di tale tenore può essere l'attuale disparità reddituale dei coniugi.


Non è rilevante la circostanza che, in sede di separazione, le parti avessero stabilito un accordo riguardante il versamento dell'assegno fino a quando la moglie non avesse avuto adeguati redditi propri: va considerata, infatti, la differenza di presupposti, caratteri e contenuto tra gli assegni di separazione e divorzio; inoltre, nulla si potrebbe dire riguardo la stabilità del lavoro della donna, posto che quest'ultima ha solo un'occupazione precaria.


Nel disporre il rinvio alla Corte d'Appello, i giudici evidenziano che si dovrebbe, in ogni caso, accertare la consistenza dei redditi dei coniugi e del lavoro eventualmente svolto dalla moglie e darne conto nella motivazione della sentenza

Cass., Vi sez., civ., ord. 12217/2016

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