di Marina Crisafi - Ristrutturazione o ricostruzione che sia, se comporta un aumento volumetrico, l'opera deve sottostare alla normativa sulle distanze vigente al momento in cui è stata edificata. Così si è espressa la terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 12527/2016 (qui sotto allegata), pronunciandosi sulla domanda di risarcimento danni avanzata dal proprietario di un immobile nei confronti di quello di una casa confinante. In particolare, l'uomo chiedeva i danni subiti a causa delle opere di scavo effettuate oltre all'arretramento della costruzione, che era stata collocata a distanza inferiore a quella prevista per legge.
La tesi difensiva, invece, si basava sul fatto di aver acquistato per usucapione il diritto di mantenere il nuovo edificio ad una distanza inferiore da quella legale, posto che la costruzione insisteva esattamente dove sorgeva la vecchia abitazione e pertanto non era soggetta alle leggi attualmente vigenti.
In entrambi i gradi di giudizio, la domanda del danneggiato veniva accolta e la questione finiva innanzi alla Suprema Corte.
E anche per il Palazzaccio l'uomo ha ragione.
Richiamando l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, i giudici hanno affermato, infatti, che "si ha mera ricostruzione - con conseguente esonero dalle norme vigenti in punto di distanze - solo se l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle strutture precedenti, senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio e, in particolare, senza aumenti della volumetria né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro"; in caso contrario si versa nell'ipotesi di nuova costruzione, assoggettata dunque alla normativa vigente.
È indirizzo ormai inequivoco della giurisprudenza, ha proseguito la S.C., quello secondo il quale "la ricostruzione dell'immobile non deve arrecare alcun novum esterno per consentirne l'edificazione ad una distanza difforme da quella stabilita dalla normativa vigente, avendo le stesse Sezioni Unite (nell'ordinanza n. 21578 del 19 ottobre 2011) affermato che, anche alla luce dell'articolo 31, primo comma, lettera d),l. 5 agosto 1978 n. 457, si ha 'ristrutturazione' nel caso in cui gli interventi, poiché comportanti modifiche esclusivamente interne, abbiano lasciato inalterati i componenti essenziali dell'edificio, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura; e si ha 'ricostruzione' quando tali componenti essenziali dell'edificio preesistente siano venuti meno per evento naturale o volontaria demolizione e l'intervento consista nel loro esatto ripristino, senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e in particolare senza aumenti della volumetria; ma nel caso in cui tali aumenti sussistano, trattasi di 'nuova costruzione', come tale sottoposta alla normativa in tema di distanze vigente al momento dell'edificazione" (tra le altre, da ultimo, Cass. n. 17043/2015).
E nel caso di specie, dato l'aumento della volumetria, non si può sfuggire alle nuove norme, a dispetto di quanto affermato erroneamente dal giudice di merito. Per cui la sentenza è cassata.
Cassazione, sentenza n. 12527/2016
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