Anzi ricorda la Cassazione, il compito di dissuadere l'assistito dal cominciare le c.d. cause perse rientra tra i doveri del difensore

di Lucia Izzo - Nessuna responsabilità per l'avvocato che ha dissuaso il cliente dall'intraprendere una causa persa: laddove manchi la procura alle liti va esclusa la sussistenza della colpa professionale in capo al legale.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sez. III Civile, nella sentenza n. 13008/2016 (qui sotto allegata) su ricorso presentato dagli eredi di un uomo deceduto a seguito di un sinistro stradale.


Innanzi al Tribunale, i ricorrenti avevano convenuto in giudizio un avvocato, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni nei loro confronti a titolo di responsabilità professionale, poichè aveva omesso di promuovere il giudizio risarcitorio nei confronti dell'ANAS a seguito della morte del proprio familiare, lasciando colpevolmente che il diritto al risarcimento cadesse in prescrizione.

Nonostante l'avvocato rilevasse di non aver mai ricevuto dagli attori alcun incarico professionale, la domanda veniva accolta.


Ad esito diverso perveniva la Corte d'Appello che rigettava la domanda di risarcimento dei danni, evidenziando che l'avvocato era stato sottoposto a processo penale per il reato di truffa contrattuale in relazione ai medesimi fatti oggetto del presente giudizio ed era stato assolto con la formula piena (perché il fatto non sussiste).

Pur non avendo la sentenza penale efficacia vincolante in sede civile, per la Corte territoriale, tuttavia il riesame del materiale probatorio raccolto, sia in sede penale che civile, non poteva che condurre alla medesima decisione. 


Dagli atti era emerso che l'avvocato aveva sconsigliato ai familiari del defunto di intraprendere un'azione giudiziaria nei confronti dell'ANAS, in quanto dal rapporto della Polizia stradale era emerso che il sinistro era da ascrivere a colpa del defunto medesimo.

La sentenza in esame ha poi aggiunto che il contratto di patrocinio non è soggetto a vincoli di forma, perché solo il conferimento di una procura alle liti conferisce al difensore lo ius postulandi. 

Ciò significa che l'avvocato sarebbe incorso in responsabilità professionale se avesse proposto l'azione nei confronti dell'ANAS senza prospettare ai clienti le questioni di fatto e di diritto che si palesavano ostative ad un possibile accoglimento della domanda. 


D'altra parte, concludono i giudici d'appello, una volta dimostrato che il professionista aveva sconsigliato agli eredi  di promuovere il giudizio, era evidente che costoro avrebbero potuto comunque insistere per conferirgli ugualmente il mandato, cosa che non era avvenuta.

In Cassazione, i ricorrenti richiamano la  giurisprudenza di legittimità secondo cui la procura alle liti deve essere distinta dal mandato e reputano pacifico che il mandato fu conferito al legale come risulterebbe dalle prove in atti; in aggiunta, gli eredi ricordano che la prestazione professionale di un avvocato costituisce obbligazione di mezzi e non di risultato.


Per gli Ermellini, invece, la Corte d'appello, con un accertamento in fatto non sindacabile è pervenuta ad una soluzione corretta.

La decisione circa l'opportunità o meno di promuovere una causa, evidenzia il collegio, è una tipica attribuzione tecnica del difensore, il quale ha anzi il dovere di farlo, dissuadendo i clienti dal cominciare le c.d. cause perse. Ne consegue che, una volta affermato che il legale aveva sconsigliato di intraprendere il giudizio risarcitorio, tutte le rimanenti affermazioni diventano irrilevanti, perché non poteva pretendersi da lui che si attivasse per la promozione del giudizio stesso. 


I familiari, da parte loro, ben avrebbero potuto intraprendere anche rivolgendosi, se del caso, ad un altro difensore.

Ciò comporta che la distinzione tra procura alle liti e mandato professionale, sulla quale i ricorrenti insistono richiamando correttamente la giurisprudenza di questa Corte in materia, non può rivestire alcun interesse ai fini dell'accoglimento del ricorso, posto che non vi fu alcun conferimento di incarico professionale. Rimane di conseguenza escluso ogni possibile profilo di colpa professionale del difensore.


Cass., III sez. civ., sent. n. 13008/2016

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