di Marina Crisafi - Se si utilizza l'auto sottoposta a sequestro o fermo amministrativo, alla quale vengano apposti i sigilli, anche se questi vengano rotti o non siano fisicamente visibili, è integrato il reato di cui all'art. 349 del codice penale. Ad affermarlo è la Cassazione, con la sentenza n. 26442/2016 depositata il 24 giugno scorso (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso del procuratore della Repubblica di Asti e condannando un uomo (di nazionalità macedone) per il reato di violazione di sigilli.
La vicenda, risalente al 2014, vedeva l'uomo assolto in primo grado perché il fatto non sussiste, giacché chi aveva eseguito il sequestro aveva apposto sui finestrini del veicolo dei fogli A4, ma non invece i sigilli, anche perché l'auto utilizzata era priva di assicurazione.
Secondo il procuratore della repubblica invece, la condotta configurava senza ombra di dubbio il reato punito dall'art. 349 c.p.
La norma, si ricorda, punisce chiunque viola i sigilli, apposti al fine di assicurare la conservazione o l'identità di una cosa, per disposizione di legge o per ordine dell'autorità, con la reclusione da 6 mesi a tre anni e con la multa da 103 euro a 1.032 euro, ovvero con la reclusione da 3 a 5 anni e la multa da 309 a 3.098 euro quando il colpevole è colui che ha in custodia la cosa.
Per la giurisprudenza, la disposizione si riferisce a qualunque segno identificativo esteriore che possa evidenziare la volontà della P.A. di vietare atti di disposizione o manomissione della cosa stessa. Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 349 c.p., hanno affermato infatti, gli Ermellini, "non occorre la rottura o la rimozione dei sigilli, che potrebbero anche non essere stati fisicamente apposti, dal momento che oggetto specifico della tutela penale cui tende la norma incriminatrice è l'interesse pubblico a garantire il risetto dovuto al particolare stato di custodia imposto, per disposizione di legge o per ordine dell'autorità, ad una determinata cosa mobile o immobile al fine di assicurarne la conservazione, l'identità o la consistenza oggettiva". Ne consegue che avuto riguardo alla tutela del bene giuridico individuato, "il segno esteriore attraverso il quale sia resa manifesta la volontà dello Stato, può essere caratterizzato non soltanto dalla materiale apposizione di sigilli che possono anche mancare bensì da qualsiasi atto a tale attività pienamente equivalente", come l'apposizione di cartelli.
Per cui, per la S.C., il procuratore ha ragione. Anche i fogli A4 andavano benissimo per evidenziare la volontà della P.A. La presenza dei cartelli era sufficiente a far capire all'uomo che l'uso dell'auto era vietato.
Cassazione, sentenza n. 26442/2016
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