di Lucia Izzo - La discoteca che arreca danno ai vicini con immissioni rumorose è tenuta al risarcimento indipendentemente dalla prova del danneggiamento: infatti, non è astrattamente configurabile un danno in re ipsa, mentre va ribadita la regola di comune esperienza secondo la quale le immissioni rumorose che superano la normale tollerabilità sono idonee a compromettere l'equilibrio psico-fisico del soggetto ripetutamente esposto ad esse.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione terza civile, nella sentenza n. 13208/2016 (qui sotto allegata), che ha rigettato il ricorso avanzato dall'amministratore legale di un'azienda esercente l'attività di discoteca.
Il Tribunale, in prima battuta, aveva già condannato la ricorrente all'apposizione di idonea sigillatura delle porte-finestre site al primo piano, ma aveva rigettato la domanda volta al risarcimento dei danni da immissioni rumorose, percepibili dagli appartamenti degli attori, attesa l'eliminazione (o quantomeno il notevole ridimensionamento) dell'attività acustica indicata come lesiva della salute, in assenza di una prova rigorosa del danno lamentato.
In sede d'appello, invece, la società veniva condannata al pagamento di 10mila euro nei confronti di ogni condomino.
Decisione che trova conferma in Cassazione, non cogliendo nel segno il gravame interposto dall'amministratore della discoteca.
Innanzi agli Ermellini, era stato evidenziato che l'accertata intollerabilità delle immissioni non esonera la parte dall'onere di provare una specifica compromissione della sua salute, non potendosi identificare il danno risarcibile come compromissione in re ipsa, né tantomeno con meri fastidi naturalmente conseguenti alle immissioni moleste.
Una doglianza, spiegano i giudici, priva di pregio poichè il giudice d'appello ha preliminarmente osservato come gli istanti avessero documentato con certificazioni mediche le condizioni di salute lato sensu patologiche conseguenti all'esposizione prolungata ad un livello eccessivo di rumore.
La Corte territoriale ha, tuttaia, specificato che, anche in assenza di tale documentazione, si sarebbe in ogni caso dovuto presumere il danno subito dalle persone soggette alle immissioni intollerabili.
Il dispositivo della sentenza risulta quindi conforme a diritto, potendo il giudice, in subiecta materia, avvalersi della regola di comune esperienza secondo la quale le immissioni rumorose che eccedano la soglia della normale tollerabilità sono di per sé idonee a provocare una compromissione dell'equilibrio psico-fisico del soggetto ripetutamente esposto ad esse.
Deve, pertanto, ritenersi, che le allegazioni, la documentazione, e l'evocazione di una regola di comune esperienza siano sufficienti ad integrare i necessari estremi dell'an e del quantum probatorio richiesto al fine dell'accoglimento della domanda risarcitoria.
Cass., III sez. civ., sent. n. 13208/2016