Abogado Francesca Servadei - Un importante contributo al diritto penale internazionale è stato dato dalla sentenza del 15 luglio 2015 k 1191 Js 98402/13 (9/14) pronunciata dal Landegericht di Lunebur, con la quale si pone l'attenzione sul contributo materiale e l'elemento soggettivo della partecipazione criminosa all'interno di determinate strutture, quali i lager; in tali strutture ed in modo particolare quelle caratterizzate da un apparato organizzativo ove vengono assegnate delle mansioni ad ogni singolo, si è applicata ai crimini internazionali, la responsabilità per le condotte di agevolazione.
La sentenza in esame ha riconosciuto la responsabilità penale ad un uomo di 94 anni per il reato di partecipazione concorsuale in omicidio aggravato, Mord, ascrivendo allo stesso la pena di quattro anni di reclusione, ma riservandosi di indicare se e quando vi sarà l'inizio dell'esecuzione e la modalità della stessa, vista l'età dal colpevole; l'imputato, membro delle SS, presente sulla rampa dei treni in arrivo, era addetto alla raccolta e custodia dei bagagli dei deportati nonché classificazione, catalogazione degli stessi e trasporto di oggetti di valore per poi consegnarli alle autorità.
Ai fini della responsabilità penale la giurisprudenza ha svolto un importante distinguo tra lager piccoli e lager grandi: nei primi la responsabilità penale è fuori dubbio, in quanto ogni condotta del personale era collegata all'evento di sterminio; mentre nei grandi lager, come per esempio Auschwitz e Majdanek, i giudici negavano l'applicazione automatica di tale principio richiedendo che fosse provato il contributo materiale, soggettivo o causale al singolo evento.
La pronuncia in esame cerca di spiegare il motivo ed il modo per il quale la condotta dell'imputato abbia rappresentato un contributo causale all'evento. I giudici hanno soffermato l'attenzione sull'elemento soggettivo e quello oggettivo del reato. Con il primo hanno escluso che l'imputato fosse ignaro di quanto accadesse nel lager; con il secondo i giudici hanno concentrato l'attenzione sulla presenza dell'imputato, quindi presenza fisica dello stesso sulle rampe delle scale, all'arrivo dei convogli.
La "comodità all'obbedienza" si concretizzava nella paura di essere deportato nel fronte russo, come era accaduto al fratello poi deceduto, ma questa giustificazione non essendo stata avanzata da alcuna istanza di stato di necessità scriminante, è stata valutata autonomamente dai giudici, i quali ne hanno escluso la sussistenza.
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