di Valeria Zeppilli - Dopo quella comminata con la sentenza resa il 23 giugno nel caso Sturmia contro Italia (sulla quale leggi: "La Cedu bacchetta l'Italia: il diritto di visita ai figli va garantito"), dal fronte Cedu arriva una seconda condanna nel giro di una settimana per il nostro paese.
Questa volta sul piatto ci sono i diritti dei gay.
La nuova pronuncia, del 30 giugno (qui sotto allegata), ha infatti censurato il rifiuto italiano di concedere il permesso di soggiorno per motivi familiari a un uomo neozelandese, partner di un cittadino della penisola dello stesso sesso. I due si erano quindi trovati costretti a trasferirsi in Olanda.
La nostra legge, infatti, concede un tal genere di permesso solo alle coppie sposate, quindi eterosessuali.
Forse con la recente legge Cirinnà qualcosa potrebbe cambiare, ma per ora la condanna Cedu è arrivata: nel caso di specie c'è infatti stata violazione dell'articolo 8 della convenzione che tutela il rispetto della vita privata e familiare.
La Corte, pur ammettendo che in certe circostanze possa essere giusto proteggere la famiglia tradizionalmente intesa, evidenzia anche non è invece possibile porre in essere discriminazioni come quella censurata con riferimento alla semplice concessione di un permesso di soggiorno.
L'Italia ha insomma violato la convenzione nell'interpretare in una simile ipotesi la nozione di componente della famiglia in maniera troppo restrittiva: alla coppia gay spettano 20mila euro a titolo di risarcimento dei danni morali.
Cedu sentenza 30 giugno 2016