di Lucia Izzo - È valido il trasferimento di nuda proprietà dell'immobile a mezzo di donazione gravata da un onere modale ex art. 793 del codice civile: questo non rappresenta un corrispettivo che modifica la natura del contratto e neppure vanifica la l'intento di liberalità sotteso alla donazione. Tuttavia, se il donatario non risponde dell'obbligo assunto, il rapporto può essere risolto per inadempimento.
Lo ha stabilito il Tribunale di Cagliari, nella sentenza n. 1321/2016 (qui sotto allegata) dello scorso 27 aprile.
Il ricorrente premette di aver donato al figlio la nuda proprietà dell'immobile di sua esclusiva proprietà, riservandosi il diritto di usufrutto vita natural durante e ponendo a carico del donatario l'onere di provvedere al suo mantenimento, indipendentemente dallo stato di bisogno, e all'assistenza materiale e morale, a fornire vitto e vestiario e a provvedere ad eventuali cure mediche ospedaliere, ai relativi medicinali e a quant'altro necessario ad una decorosa esistenza, a pena di risoluzione dell'atto di donazione ai sensi dell'art. 793 c.c.
Il ricorso origina dal mancato adepimento, a detta dell'uomo, dell'onere posto a carico del figlio, che lo aveva costretto ad assumere badanti a pagamento per ottenere l'assistenza materiale e morale di cui aveva bisogno. Il convenuto, invece, evidenzia di essere essersi recato quotidianamente presso l'abitazione paterna e di aver portato il vitto necessario e fornito l'assistenza richiesta, mentre era stato il padre a rifiutare le sue prestazioni con comportamento ostile.
Secondo il convenuto, il contratto stipulato sarebbe dovuto essere qualificato a prestazioni corrispettive e e non considerarsi liberalità, aggiungendo di aver provveduto nel corso degli anni, col proprio lavoro e le proprie risorse, alla ristrutturazione dell'immobile.
La domanda, tuttavia, si risolve a favore del padre: per i giudici, infatti, il contratto si configura come una donazione onerata con riserva di usufrutto e gravata da onere modale, che si concreta in una prestazione vitalizia di assistenza in favore del donante: sul tema, la giurisprudenza di legittimità si è espressa sostenendo che lo spirito di liberalità sia perfettamente compatibile con l'imposizione di un peso al beneficiato purché esso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio senza snaturare l'essenza di liberalità della donazione.
In questi termini va letto il contratto in esame, in cui non si ravvisa un vincolo di sinallagmaticità tra il trasferimento della nuda proprietà del bene e la prestazione imposta al beneficiato, siccome quest'ultima è finalizzata al perseguimento di ulteriori fini di natura non patrimoniale del donante (quello ad ottenere assistenza da parte del figlio) atti a limitare il beneficio, senza incidere sulla causa del negozio in quanto non costituente una forma di compensazione economica per l'atto di liberalità
Nel caso di specie, il convenuto, pur gravato dal relativo onere, non ha dimostrato di avere esattamente adempiuto alla sua obbligazione, avendo i testi sentiti riferito che egli si era recato in casa del padre, in diversi anni, soltanto in due o tre occasioni, che l'attore si era lamentato del fatto che il figlio si fosse rifiutato di fornirgli assistenza, che l'attore era una persona sola, che da alcuni anni aveva una persona che lo assisteva e che il figlio era stato visto in poche occasioni.
Se anche un litigio tra i due vi fosse stato, comunque, ciò non avrebbe costituito valido motivo per impedire l'eventuale prosecuzione dei rapporti, interrottisi invece per anni ad appena due dalla stipula dell'atto.
Vedi anche la guida "La donazione modale"
Tribunale di Cagliari, sent. 1321/2016