Avv. Grazia Masi - Il caso è quello di Equitalia Sud s.p.a. che si è rifiutata di corrispondere il compenso professionale spettante al proprio avvocato, costringendo quest'ultimo a presentare ricorso ex art. 14 del d.lgs. 150/2011 che dispone che le controversie in materia di liquidazione di onorari e diritti di avvocato siano rimessi alla competenza del Tribunale in composizione collegiale secondo il rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.
L'avvocato adiva il Tribunale spiegando di aver espletato l'incarico di difensore del concessionario del credito in un procedimento di riassunzione del processo esecutivo all'esito del quale il G.E. aveva assegnato alla creditrice Equitalia Basilicata (oggi Equitalia Sud) la somma dichiarata dal terzo pignorato nei limiti del quinto accantonato. Tuttavia nel corpo dell'ordinanza si legge che il G.E. aveva, altresì, liquidato le spese legali nella misura di € 1.100,00 di cui € 100,00 per esborsi, pur non assegnandole direttamente all'avvocato, che non si era dichiarato antistatario.
L'avvocato, quindi, a conclusione dell'incarico aveva emesso relativa fattura, che tuttavia era rimasta impagata. Ai solleciti dell'avvocato il concessionario del credito aveva risposto che il difensore avrebbe dovuto emettere una nota di credito rispetto alla fattura emessa per l'importo di € 1.168,00 in quanto, secondo l'ente creditore, era possibile riconoscere esclusivamente l'importo pattuito con la convenzione di incarico pari ad € 350,00 quale compenso effettivamente spettante.
Invero, secondo il difensore, a tale conclusione si era giunti poiché Equitalia aveva commesso l'errore di aver imputato
la somma corrisposta dal terzo pignorato interamente alle cartelle oggetto della procedura esecutiva, riversando, quindi, agli enti impositori le relative somme spettanti. Non potendo, quindi, chiedere la restituzione di tali somme ai detti Enti, il concessionario invitava il sottoscritto avvocato a rinunciare ai compensi professionali liquidati dal giudice con l'ordinanza di assegnazione. E lo faceva invocando il tenore della convenzione secondo la quale si era ritenuto di concordare che, qualora l'avvocato si fosse dichiarato antistatario, le sue competenze sarebbero state soddisfatte secondo quanto stabilito dal giudice; diversamente sarebbe stato riconosciuto un compenso di € 350,00 oltre accessori con esclusione dell'applicazione delle tabelle professionali.Ebbene il Tribunale di Potenza in composizione collegiale con ordinanza del 18.2.2016 ha statuito che il ragionamento del concessionario del credito non poteva essere accolto in quanto: "a voler diversamente opinare, si arriverebbe alla abnorme conseguenza di subordinare la rilevanza tra le parti della statuizione del giudice in punto di spese ad una circostanza (declaratoria di antistatarietà da parte del legale) decisamente neutra rispetto alla quantificazione dell'attività professionale espletata."
Ed infatti il Collegio ha precisato che proprio alla stregua dell'atto di conferimento di incarico emerge come le parti abbiano inteso dare prevalenza a quanto statuito dal Giudice, dovendosi intendere il compenso convenzionale pattuito solo "diversamente", e cioè, in mancanza di una statuizione di liquidazione delle spese legali, laddove, prosegue il Collegio "è del tutto evidente che l'inciso "dichiarandosi antistatario" stia ad indicare semplicemente la modalità ordinaria di recupero diretto del compenso da parte del professionista".
Ne discende che dovendo decidere se la statuizione del giudice prevalga sulla previsione contrattuale ovvero, viceversa, il vincolo contrattuale assorba ogni questione, il Tribunale di Potenza ha risolto la controversia tenendo conto della volontà delle parti, da cui, ha detto, non si può prescindere. Ed a voler interpretare il vincolo contrattuale in maniera corretta non si può considerare la dichiarazione di antistatarietà una condizione cui il contratto possa essere subordinato, ma solo una modalità (quella di recupero diretto) di assegnazione del compenso.
Se è vero, quindi, che la mancata dichiarazione del difensore ha fatto sì che le somme fossero interamente assegnate ad Equitalia, tale circostanza non può escludere il diritto al compenso del difensore che il concessionario del credito è tenuto a riconoscere nella misura stabilita dal Giudice.
Il Tribunale di Potenza ha, quindi, concluso affermando che "deve essere riconosciuta al professionista per l'attività svolta nella procedura indicata in ricorso la somma liquidata dal giudice nell'ordinanza di assegnazione", condannando Equitalia anche alla rifusione delle ulteriori spese di lite.
L'ordinanza emessa all'esito del procedimento sommario è inappellabile.
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