- I regolamenti condominiali e i regolamenti comunali
- Il decoro architettonico e lo stillicidio
- I panni stesi negli spazi condominiali
- Come tutelarsi in caso di condotte vietate
I regolamenti condominiali e i regolamenti comunali
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In genere sono i regolamenti condominiali che danno delle indicazioni circa le regole da rispettare per stendere i panni in terrazzo o in balcone, specie se a imporlo sono la salvaguardia dell'estetica e del decoro del palazzo ma anche solo per evitare l'insorgere di dispute tra vicini di casa.
In alcune città poi, i regolamenti comunali vietano espressamente di stendere abiti fuori dalle finestre che si affacciano sulle pubbliche vie al fine di preservare il pubblico decoro o, in maniera più morbida, si limitano allo stesso scopo a circoscrivere la possibilità di sbattere e esporre il bucato in determinati orari del giorno.
Il decoro architettonico e lo stillicidio
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In assenza di regolamenti condominiali o di polizia urbana, deve innanzitutto ritenersi che in generale la stenditura dei panni su di un balcone condominiale "constando non in un'opera materiale ma in un'attività comportamentale che viene posta in essere occasionalmente, non può essere considerato come un elemento di deturpamento del decoro architettonico, per il quale si richiede appunto il compimento di opere materiali idonee a modificare stabilmente le linee strutturali del fabbricato" (Cassano G. (a cura di), Manuale pratico del nuovo condominio, Maggioli Editore, 2013, p. 354).
Nonostante ciò, non è possibile agire in maniera del tutto incontrollata e vi sono comunque delle regole da rispettare che, se violate, rendono giuridicamente lo stendere i panni in maniera impropria un comportamento lesivo dei diritti altrui.
Basti guardare a cosa dice l'articolo 908 del codice civile. Tale norma, infatti, disciplina lo scarico delle acque piovane, sancendo al primo comma che "il proprietario deve costruire i tetti in maniera che le acque piovane scolino sul suo terreno e non può farle cadere nel fondo del vicino". E' proprio l'articolo 908 che, in alcuni casi, ha fatto sì che fosse giudicata lesiva dei diritti altrui la condotta del vicino che stende i propri panni senza averli strizzati per bene, facendoli così gocciolare sul balcone del condomino che abita sotto di lui.
A tal proposito, con la sentenza numero 7576 del 28 maggio 2007 la Corte di cassazione ha addirittura affermato che lo "stillicidio, sia delle acque piovane, sia, ed a maggior ragione, di quelle provenienti (peraltro con maggiore frequenza) dall'esercizio di attività umana, quali quelle derivanti dallo sciorinio di panni mediante sporti protesi sul fondo alieno (pratiche comportanti anche limitazioni di aria e luce a carico dell'immobile sottostante), per essere legittimamente esercitato, debba necessariamente trovare rispondenza specifica in un titolo costitutivo di servitù ad hoc o, comunque, ove connesso alla realizzazione un balcone aggettante sull'area di proprietà del vicino, essere esplicitamente previsto tra le facoltà del costituito diritto reale".
Dato, insomma, che non esiste un diritto generale a far sgocciolare i panni sul fondo del vicino, una simile facoltà (a voler essere rigidi) per la giurisprudenza può essere esercitata solo con la concessione di un'apposita servitù e, aggiungiamo noi, in assenza di regolamenti di polizia locale di segno contrario.
I panni stesi negli spazi condominiali
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Più di recente la Cassazione, intervenuta sulla vicenda che vedeva due casalinghe bresciane schierate l'una contro l'altra, ha stabilito che i panni lavati possono essere stesi negli spazi condominiali, a patto però che vengano "strizzati" bene per evitare di farli sgocciolare in condominio (cfr. Cass. n. 14547/2012).
Come tutelarsi in caso di condotte vietate
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Cosa si può fare, insomma, se si subiscono dei fastidi dalla condotta del vicino che stende la biancheria in maniera inappropriata?
In caso di sciorinio e in assenza di servitù, si potrà se far ricorso all'articolo 908 del codice civile, inizialmente limitandosi a diffidare il condomino dal proseguire con una simile condotta.
Quando però il vicino di casa persiste nel proprio comportamento, è possibile andare avanti e citarlo in giudizio per ordinare la rimozione dello stendibiancheria "fastidioso".
Actio negatoria servitutis
La relativa azione, come puntualmente chiarito dalla sopra citata sentenza numero 14547/2012 (che richiama le precedenti Cass. 30 marzo 1989 n. 1561 e Cass. 6 dicembre 1978 numero 5772), deve essere indentificata nella actio negatoria servitutis. Infatti, "l'azione con la quale il proprietario di una terrazza chiede la rimozione di uno stenditoio, collocato nel confinante edificio ed aggettante sulla terrazza stessa con conseguenti immissioni (nella specie, "gocciolio di panni e creazione di ombra"), deve essere qualificata come negatoria servitutis, ai sensi dell'art. 949 c.c., implicando i fatti posti in essere dal vicino l'affermazione di un diritto di natura reale sulla terrazza, il cui esercizio per il tempo prescritto dalla legge potrebbe comportare l'acquisto per usucapione della servitù".
Si ricorda a tal proposito che l'articolo 949 del codice civile afferma che il proprietario può agire in giudizio affinché sia dichiarata l'inesistenza di diritti che altri affermino di avere sulla sua cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.
Se poi vi sono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione e che chi le pone in essere sia condannato al risarcimento del danno.
Quando, poi, ci sono regolamenti condominiali o comunali che disciplinano espressamente tale materia, limitandola o vietandola, gli appigli per potersi "difendere" sono di certo più numerosi e più solidi. Quando è il Comune a imporre il divieto, sarà addirittura possibile rivolgersi direttamente alla polizia municipale per pretendere il rispetto del regolamento, indipendentemente da un reale fastidio subito.
Infine, in certi casi, che però potremmo definire estremi, stendere i panni in maniera incontrollata, senza strizzarli adeguatamente potrebbe assumere addirittura rilevanza penale.
Getto pericoloso di cose
Il codice penale, infatti, all'articolo 674 punisce con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a duecentosei euro chi getta o versa in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone.
Se si considera che qualche anno fa si è ritenuto idoneo a integrare tale condotta il comportamento di un uomo che faceva finta di annaffiare le piante per lanciare l'acqua nella proprietà del vicino (cfr. Cass. 28 maggio 2014 numero 21753) il passo per considerare penalmente rilevante anche far sgocciolare in maniera eccessiva i panni stesi sul balcone altrui non è poi così lungo da compiere!
In ogni caso non bisogna mai perdere di vista buon senso e il rispetto reciproco: da un lato avendo l'accortezza di stendere i propri panni nella maniera più discreta possibile, dall'altro tollerando i disagi che non degenerano in fastidi veri e propri e insopportabili.
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