di Valeria Zeppilli - Dalla relazione annuale del Garante della Privacy per il 2015, presentata al Senato in questi giorni, è giunto un serio allarme: la digitalizzazione dei dati sanitari potrebbe comportare rischi importanti di malasanità.
Ciò in ragione dell'assenza di un piano organico di sicurezza e della frammentazione e disomogeneità che stanno caratterizzando la prima fase della digitalizzazione.
Per Soro il rischio che comporta la vulnerabilità del dato sanitario è quello di cagionare diagnosi sbagliate o errori terapeutici.
L'efficienza sanitaria, insomma, necessita imprescindibilmente della protezione dei dati e dei sistemi e la tutela del paziente rispetto a tali nuove vulnerabilità non può che essere un obiettivo prioritario.
Dalla relazione è peraltro emerso che, a seguito di numerose segnalazioni, è stato riscontrato un generalizzato mancato rispetto delle disposizioni in materia di privacy da parte delle strutture sanitarie sia pubbliche che private nell'erogazione di servizi di diagnosi, cura e riabilitazione. In certi casi, addirittura, i dati dei pazienti sono stati diffusi sul web.
Oltretutto molti pazienti hanno dichiarato di non aver mai manifestato il proprio consenso al trattamento dei dati sanitari e di non aver ricevuto alcuna informativa o informative non esaustive.
A seguito delle segnalazioni e dell'intervento dell'ufficio, fortunatamente, molte strutture hanno aggiustato la loro rotta e si è anche avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti di chi non lo ha fatto.
Il Garante ha poi sottolineato la necessità che i medici di medicina generale adottino le necessarie cautele (ad esempio richiedendo una delega scritta) nella consegna di ricette o altri certificati medici qualora questi non siano consegnati direttamente ma attraverso l'ausilio di terzi.
Tra l'altro, nel 2015 ci sono state numerose segnalazioni circa la consegna di documentazione sanitaria a soggetti diversi dall'interessato e sprovvisti di delega. Soprattutto per errore umano e mancato rispetto delle disposizioni dettate dalla struttura sanitaria di riferimento.
Si è inoltre segnalato l'avvio di un procedimento sanzionatorio per combattere il fenomeno dell'abbandono di documentazione clinica presso i locali di strutture sanitarie in disuso.
Per quanto riguarda il trattamento dei dati personali attraverso il dossier sanitario, il Garante ha comunicato di aver diramato le linee guida in materia, utili a definire un quadro di riferimento che possa agevolare un trattamento corretto dei dati raccolti nei dossier.
Soro ha inoltre riferito che nel 2015 particolare cura è stata riservata al trattamento dei dati delle donne che decidono di partorire in anonimato e alla tutela della loro dignità e riservatezza.
Sempre con riferimento alla dignità e alla riservatezza, nella relazione si è però sottolineato che lo scorso anno sono pervenute diverse segnalazioni circa il mancato rispetto di tali beni con riferimento ai malati di HIV e che pertanto è stata vietata la raccolta di informazioni circa l'eventuale stato di sieropositività in fase di accettazione di ogni paziente che si rivolge al sanitario per la prima volta.
Nel corso del 2015, infine, è stata svolta una complessa attività istruttoria circa il trattamento di dati sanitari per fini amministrativi e si sono forniti chiarimenti in materia di registri tumori.
Numerose posizioni, infine, sono state espresse su diversi schemi di decreto del Ministero della salute (in particolare quello sulle schede di dimissione ospedaliera, quello sulla qualità e la sicurezza del sangue e degli emocomponenti, quello sul trapianto di organi e quello sullo screening neonatale esteso).