di Lucia Izzo - La dichiarazione di fallimento è valida anche se le comunicazioni inviate via PEC all'imprenditore non sono mai state da lui lette poichè non ha consultato la casella elettronica: è infatti onere della parte consultare lo strumento telematico.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 13817/2016 (qui sotto allegata).
Contro la curatela fallimentare ricorre la società fallita in persona del legale rappresentate pro tempore, impugnando la decisione della Corte d'Appello che aveva respinto il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento. Tra i motivi rigettati e riproposti in Cassazione, emerge la questione circa la mancata apertura della e-mail, regolarmente inviata dall'Ufficio per la fissazione dell'udienza di comparizione delle parti, a mezzo PEC,.
Per gli Ermellini, il ragionamento svolto dal giudice distrettuale è conforme alla giurisprudenza di legittimità che, a proposito della notificazione del ricorso di fallimento, ha stabilito che "In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dall'art. 15, comma 3, 1.fall. (nel testo successivo alle modifiche apportate dall'art. 17 del d.l. n. 179 del 2012, convertito nella 1. n. 221 del 2012) occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l'avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell'avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente".
Un tale principio, giustificato dal valore cardine di celerità del processo, precisano i giudici, non è neppure immune dalle garanzie di ricezione, date dalle specifiche tecniche elaborate da appositi comitati in sede ministeriale e collaudate da un lungo periodo di sperimentazione.
Non possono opporsi, come ha fatto la ricorrente, esigenze di sostanziale migliore comodità, per la debitrice, della ricezione della notifica in via tradizionale (e cioè a mezzo dell'ufficiale giudiziario o a mezzo della posta) in quanto è nere della parte che eserciti l'attività d'impresa, normativamente obbligata a munirsi di un indirizzo PEC, assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo, e senza che tali problematiche possano integrare materia rilevante ai fini di un sospetto di illegittimità costituzionale della relativa disciplina.
Cass., Vi sez. civ., ord, n. 13817/2016