di Valeria Zeppilli - L'alcoltest è un accertamento che molti automobilisti temono e i tentativi per salvarsi dalla condanna che deriva dall'accertamento dell'effettivo stato di ebbrezza sono i più svariati.
Si pensi che, con la recente sentenza numero 29638/2016, depositata il 13 luglio (qui sotto allegata), la Corte di cassazione è dovuta intervenire a chiarire che se l'automobilista è sorpreso al volante con in corpo un tasso alcolemico superiore a quello massimo consentito, non può essere "salvato" dalla condanna dimostrando di essere affetto da reflusso gastroesofageo.
I giudici, in effetti, non hanno negato che una simile patologia comporta una digestione più lenta e difficoltosa e di conseguenza procrastina nel tempo lo smaltimento dell'alcol in corpo. Tuttavia, nonostante i gas e i vapori dell'alcol rimangano più a lungo nel cavo orale e nel tratto esofageo, non è possibile affermare che essi siano alterati dal reflusso. Considerato, soprattutto, che in qualche decina di minuti la situazione si normalizza e diviene analoga a quella di qualsiasi altro soggetto non affetto dalla patologia in esame.
Dato che nel caso di specie il controllo era avvenuto intorno alle 2,40 di notte, quindi diverse ore dopo l'orario di cena, e che il tasso alcolemico riscontrato sul ricorrente era di 0,85 g/l alla prima prova e di 0,89 g/l alla seconda, l'automobilista imprudente non potrà fare altro che rassegnarsi alla condanna.
Gli resta qualche speranza di ottenere la conversione della pena in lavori di pubblica utilità: dato che la relativa richiesta può essere avanzata anche in grado di appello (contrariamente da quanto ritenuto dal giudice del merito) essa deve essere ora sottoposta a un nuovo vaglio.
Corte di cassazione testo sentenza numero 29638/2016