di Valeria Zeppilli - Non sempre avere degli amanti virtuali fa scattare l'addebito della separazione: se la crisi coniugale era già in atto, infatti, il flirt sul web non può essere posto alla base del fallimento del matrimonio.
Con la sentenza numero 14414/2016, depositata il 14 luglio e qui sotto allegata, la Corte di cassazione ha a tal proposito ribadito il suo orientamento ormai consolidato in forza del quale la pronuncia di addebito non può essere fondata esclusivamente sulla violazione dei doveri che l'articolo 143 del codice civile pone a carico dei coniugi, tra i quali quello di fedeltà.
A tal fine è infatti necessario compiere un'ulteriore indagine e verificare se sia stata tale violazione ad aver assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale oppure se la convivenza era già in precedenza divenuta insopportabile.
Nel caso di specie, già il giudice del merito aveva accertato che la moglie, alla quale il marito tentava di far addebitare la separazione, aveva avviato una relazione clandestina sul web quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza con l'uomo, il quale, spesso, si era lasciato addirittura andare ad episodi di violenza nei suoi confronti.
Tale posizione, per la Cassazione, non può che essere condivisa: il fallimento del matrimonio non è riconducibile al comportamento specifico della moglie, ma a reciproche difficoltà nei rapporti tra i coniugi radicate nel tempo.
Il ricorso del marito, virtualmente tradito, va quindi rigettato e l'uomo paga anche le spese del terzo grado di giudizio.
Corte di cassazione testo sentenza numero 14414/2016• Foto: 123rf.com