di Lucia Izzo - Nel difficile panorama dei rapporti condominiali, la Cassazione ha posto un punto fermo nel ritenere che il gettare rifiuti o oggetti dal proprio balcone a quello dei vicini, oppure nel cortile condominiale, integra un vero e proprio reato, ossia la fattispecie prevista dall'art. 674 c.p. "Getto pericoloso di cose" (per approfondimenti: Condominio: gettare rifiuti dal balcone è reato).
Ai numerosi precedenti che hanno sanzionato i "vicini" incivili e maleducati, colpevoli di aver lanciato sul balcone o nel giardino altrui, tra l'altro, mozziconi di sigaretta, bottiglie e quant'altro, si aggiunge la recente ordinanza della Corte di Cassazione, sesta sezione civile, n. 15662/2016 (qui sotto allegata).
Innanzi agli Ermellini ricorre un'inquilina, chiedendo la condanna del Condominio al risarcimento dei danni conseguenti al lancio di immondizia dai piani superiori dell'edificio condominiale sul terrazzo di sua proprietà, costringendola a provvedere non solo alle pulizie di detto terrazzo, ma addirittura al realizzarvi una tettoia di protezione.
Ciononostante, la Suprema Corte rigetta la domanda, come già avvenuto in entrambi i gradi di merito, atteso che doveva escludersi la sussistenza della pretesa responsabilità del condominio e/o dell'amministratore condominiale in ordine ai lamentati danni.
Infatti, come puntualmente spiegato dai giudici di merito, il regolamento condominiale vietava espressamente il lancio di immondizie e di oggetti dai piani superiori prevedendo conseguenti sanzioni per i trasgressori: tuttavia, nel caso in esame, non erano stati individuati i colpevoli, a causa della omertà dei condomini, e quindi nulla si sarebbe potuto addebitare all'amministratore o al condominio.
Incensurabile l'apprezzamento di merito svolto dalla Corte d'Appello, la quale aveva ritenuto che l'assemblea condominiale si fosse limitata ad autorizzare i proprietari dei terrazzini interni dei primi piani alla installazione di tettoie, e non ne avesse, invece, disposto disporne l'installazione a spese del condominio.
Cass., VI sez. civ., ord. n. 15662/2016