Osservazioni sulla sentenza della Corte di Cassazione penale n. 31409/2015

Avv. Francesco Pandolfi - E' fatto notorio che il nostro ordinamento contenga una regola aurea: il dovere di diligenza nella custodia delle armi, dovere che si esprime attraverso una legge e una norma principale, di riferimento, una pietra angolare verso la quale tutto converge in questa delicata materia.


Le differenze tra i vari doveri


La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione ricorda che il dovere di diligenza nell'uso delle armi consiste nel complesso di cautele messe in atto da una persona di "normale prudenza" in occasione di determinate circostanze e situazioni di fatto.

Regola che va tenuta distinta dall'altra norma che impone invece l'adozione di efficienti misure antifurto rivolgendosi a specifiche categorie di soggetti come i rivenditori e i collezionisti d'armi; così come non va confusa con la differente norma posta a presidio dell'incolumità e diretta ad impedire che armi, munizioni ed esplosivi vengano in possesso di minori, di incapaci, di tossicodipendenti o in generale di persone "imperite" nel maneggio delle stesse.

Chi è che valuta l'idoneità dell'eventuale misura adottata e la diligenza messa in atto?


Il delicato compito del magistrato


E' il giudice di merito che ha il compito di valutare l'idoneità delle misure adottate e dare un significato, positivo o negativo, alla diligenza impiegata nella custodia.

In altri termini la legge, al verificarsi di determinate circostanze, rimette nelle mani della magistratura il giudizio sull'idoneità delle misure previste dall'art. 20 legge n. 110/75 e adottate in concreto dal soggetto poi chiamato in causa.


Il caso


Nella sentenza in commento (Cass. n. 31409/2015) Tizio viene dichiarato colpevole del reato ex art. 20 commi 1 e 2 Legge n. 110/75 e condannato a pena condizionalmente sospesa di euro 350 di ammenda.

Propone quindi il ricorso per cassazione (che viene respinto), lamentando la carenza di motivazione sugli elementi posti a base dell'affermazione di penale responsabilità e mancando, a suo dire, l'insieme di elementi certi atti a dimostrare l'assenza di diligenza nella custodia dell'arma che pure era autorizzato a detenere (visto che aveva chiuso a chiave l'autovettura dove aveva risposto, sotto il sedile, un borsone con l'arma dentro).

Il ricorso viene dichiarato inammissibile perché diretto solo ad un riesame del merito della vicenda, già analizzata e risolta dal tribunale sulla base di prove.


L'insegnamento utile della pronuncia


In una situazione analoga a quella in commento, dimostrare in giudizio che le misure adottate per la custodia dell'arma erano idonee.


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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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