di Valeria Zeppilli - Un testimone falso, o semplicemente poco attendibile, potrebbe incidere profondamente sull'esito di una controversia. Ma quando ci si imbatte in situazioni di questo tipo non bisogna affatto arrendersi.
E non solo per i propri e giustissimi interessi personali, ma anche in onore della giustizia.
Il nostro ordinamento, pone diversi strumenti di tutela per "difendersi" da coloro che nel processo hanno introdotto delle false verità.
Innanzitutto c'è il confronto tra testimoni previsto dall'art. 254 c.p.c. secondo cui "Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di parte o d'ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto" ed è proprio in quella fase che molti particolari potrebbero essere chiariti e con un pò d'abilità nel porre le domande si potrebbe riuscire a smascherare il teste che ha mentito.
Ma anche quando il confronto non dovesse risolvere il nostro problema, non dobbiamo per forza rassegnarci a soccombere. C'è sempre la strada della denuncia penale: l'articolo 372 c.p., infatti, punisce con la reclusione da due a sei anni chiunque, deponendo come testimone dinanzi all'autorità giudiziaria o alla corte penale internazionale, afferma il falso, nega il vero o tace, in tutto o in parte, ciò che sa con riferimento ai fatti sui quali è interrogato. Lo scopo è evidentemente quello di tutelare il corretto funzionamento dell'attività giudiziaria, garantendo sia la veridicità che la completezza della testimonianza.
Attenzione però: ci vogliono le prove della falsità altrimenti si rischia una contro denuncia per calunnia.
Analizziamo dunque ogni dettaglio della deposizione del teste e cerchiamo di individuare tutte le possibili contraddizioni.
Cerchiamo di indagare e di metterci alla ricerca di prove che possano sconfessarlo. Se decidiamo di presentare la denuncia dovremo non solo evidenziare le eventuali contraddizioni emerse durante la deposizione e durante il successivo confronto ma anche indicare altri mezzi di prova (meglio ancora se documentali) idonei a suffragare l'accusa di falsa testimonianza (vedi: il reato di falsa testimonianza).
Se neppure questa strada dovesse risultare percorribile, prima di arrenderci proviamo a valutare se davvero quella deposizione non può essere "smontata".
E questo lo si può fare sia affrontando la questione nella comparsa conclusionale sia nelle fasi successive (compreso il giudizio di appello).
Va anche segnalato che nel caso in cui le prove su cui si è deciso sono state dichiarate false si può accedere al rimedio della revocazione (Vedi Revocazione: i rimedi contro le sentenze civili passate in giudicato) da proporre con atto di citazione dinanzi al medesimo ufficio giudiziario che ha emesso la pronuncia che si intende annullare in quanto viziata da una falsa testimonianza (Se il falso testimone ha invece deposto in un processo penale esiste un analogo rimedio che è quello della revisione del processo penale).
Tornando al processo civile, l'articolo 395 cpc sancisce che le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione in una serie di ipotesi, e tra le quali rientra anche quella in cui si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza.
Anche in tal caso, però, ci sono dei termini ben precisi per agire: la revocazione straordinaria, infatti, va proposta entro trenta giorni da quello in cui si è scoperto che il testimone era falso.
È chiaro che sarà necessaria una sentenza di condanna per falsa testimonianza o servirà, comunque, altro documento che riesca a dimostrare che la deposizione testimoniale è stata viziata da falsità.
Ai fini dell'annullamento, poi, è inoltre necessario che la testimonianza sia risultata rilevante per l'esito del giudizio.
Vedi anche la guida legale: Il reato di falsa testimonianza