di Redazione - La prova testimoniale è uno degli aspetti più delicati di un procedimento civile o penale che sia. La corretta formulazione delle domande può risultare decisiva per l'esito del giudizio. Ma quali sono le 5 domande che non si dovrebbero mai porre a un testimone?
1. Partiamo innanzitutto dal dato normativo. La prova testimoniale è disciplinata dall'art. 244 c.p.c., che richiede il requisito della specificità nella formulazione delle domande da rivolgere ai testimoni. E attenzione non è solo una questione di ammissibilità. Anche se un quesito generico dovesse essere ammesso, il problema resta, dato che, a domanda generica, non potrebbe che seguiere una risposta altrettanto generica e talvolta inutile al fine del decidere.
Un esempio di quesito generico e quindi inammissibile, potrebbe riguardare i vizi della cosa venduta (art. 1491 c.c e seguenti): "Vero che l'autovettura X acquistata dalla concessionaria Beta presentava vizi tali, al momento dell'acquisto, da renderla inutilizzabile?" Il capitolo è generico, perché non descrive il vizio specifico dell'auto e impone oltretutto al teste di compiere una valutazione sulla inutilizzabilità del mezzo che a lui non compete fare. Che utilità potrebbe avere una risposta affermativa a un capitolo del genere? Quale fatto abbiamo provato con una domanda generica? Nulla perché non sappiamo in concreto cosa avrebbe reso l'auto inutilizzabile e non sappiamo neppure di che vizio di tratta.
2. Un altro errore da non commettere è quello di insistere nel porre domande a chi dimostra di essere un pò troppo di parte e di sbilanciarsi sempre nelle sue risposte in favore della controparte. Insistere nelle domande può servire solo se si riesce a smontare la sua deposizione dimostrando la sua inattendibilità, altrimenti ogni domanda potrebbe tradursi in un boomerang.
3. In merito alle risposte che si vogliono ottenere, la Corte dei Conti con sentenza n. 26/2014 ha precisato: "la prova per testi è ammissibile solo in relazione alla prova dei fatti, in conseguenza non possono essere ammessi i capitoli di prova … diretti a ottenere dal teste un mero giudizio (Cass. n. 4111/95; Cass. n. 1173/94), giacché la dichiarazione del teste sarebbe, in tal caso, comunque inutilizzabile a fini probatori in quanto finalizzata a supplire alle deficienze contenutistiche della prova dedotta". Perché dunque non porre mai questo tipo di domande? Non solo perché non servono ma anche perchè si rischia di fare troppo affidamento su un esito favorevole dell'istruttoria sulla base di una risposta che potrebbe non essere presa in considerazione al momento della decisione. Meglio dunque trovare altri mezzi di prova più sicuri piuttosto che affidarsi a valutazioni che resteranno quasi sicuramente "lettera morta".
4. Mai porre domande dirette a provare fatti negativi (vero che Tizio non ha detto che...). Nella maggior parte dei casi le domande negative non vengono ammesse anche se (diciamo la verità) tal volta si fa molta confusione in merito. Un conto è considerare inammissibile una prova negativa nei casi in cui non è possibile che il testimone possa rispondere a una domanda negativa. Ad esempio "vero che Tizio non è mai passato su quella strada". A meno che il teste non abbia pedinato notte e giorno Tizio, non potrà sapere se su quella strada ci è passato magari quando lui non era presente. Ma a parte l'irragionevole avversione che spesso i magistrati dimostrano di avere nei confronti della prove negativa, questa modalità non è sempre vietata. Partendo dal principio secondo cui spetta all'attore del giudizio l'onere della prova, che la negatività di un fatto non inverte tale onere, che anche i fatti negativi devono essere provati, che non è possibile dimostrare un fatto non verificatosi, ne consegue che i fatti negativi possono essere dimostrati o tramite presunzioni o fornendo la prova di un fatto positivo contrario. Un esempio? Se non posso chiedere al teste "vero che Tizio non ha detto 'delinquente' a Caio?" farò una domanda positiva (vero che Tizio ha detto 'delinquente' a Caio?) a cui sappiamo che il testimone risponderà no. E così abbiamo accontentato gli ostinati sostenitori di questo insensato divieto di ammettere prove negative. Altro esempio di inversione della domanda? Eccolo: "E' vero che al momento dell'incidente Tizio non stava parlando al cellulare?" i giudici potrebbero storcere il naso alla richiesta di ammissione di un capitolo di prova così formulato mentre se chiediamo semplicemente: "Al momento dell'incidente Tizio stava parlando al cellulare?" l'ammissione del capitolo è assicurata. Speriamo che prima o poi anche i giudici si convincano che non è poi così assurdo fare domande negative e che ci sono cose ben più serie di cui ci si dovrebbe occupare.
5. Ed ecco la quinta domanda da non porre: la data esatta di un fatto. Benché sia possibile in teoria provare una data per testimoni, è meglio non affidarsi alla memoria del teste che potrebbe commettere errori; a una data si può risalire anche da altri elementi senza porre una domanda diretta al teste. Un esempio per chiarire. L'usucapione è un istituto che consente di acquisire il diritto di proprietà su un immobile se il possesso è esercitato dal possessore (come se fosse il proprietario), in modo pacifico e non interrotto per venti anni. In assenza di documenti, il decorso del periodo ventennale è dimostrabile con prova testimoniale. Ma come può un teste ricordare fatti così lontani (ossia quando ha avuto inizio il possesso uti dominus?). Basta a quel punto fare riferimento a elementi di contorno. Ad esempio se in tema di usucapione devo fare una domanda a un vicino posso individuare un elemento di cui è possibile avere un riferimento temporale documentato: "vero che nell'anno in cui fu ristrutturato il casolare di Tizio, Caio aveva iniziato a coltivare il terreno...". Naturalmente dobbiamo anche avere l'accortezza di produrre la documentazione che dimostri la data di esecuzione di quei lavori.
Vedi anche nella guida di procedura civile: La prova per testimoni
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