di Lucia Izzo - Cena a base di pistacchio di Bronte, con amara sorpresa: il piatto di spaghetti serviti in una bio-osteria, presenta un guscio rimasto nel sugo che spezza un dente al cliente. Per il giudice di Pace di Venezia, è la società che gestisce il locale a dover risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale, a seguito della testimonianza resa dal commensale, amico in compagnia del quale il malcapitato era a cena.
Lo ha disposto la sentenza n. 554/2016, pubblicata dalla sezione civile (magistrato onorario Lucia Martina) che, poichè il legale rappresentante non si è presentato, non può far altro che confermare implicitamente il nesso di causalità tra l'evento e la lesione patita dal cliente.
Nonostante, infatti, dopo l'incidente il gestore del locale abbia dimostrato disponibilità, costui sparisce quando si parla di risarcimento. Tuttavia il cliente, rivoltosi all'Adico, riesce a cantare vittoria: gli spetta una somma a titolo di risarcimento pari a mille euro, 682 a seguito della fattura del denista e la rimanente parte per il danno patito ex art. 2059 c.c.
I fatti dedotti dall'attore vanno ritenuti provati stante l'assenza del legale rappresentante della società che non risponde all'interpello sui fatti di causa. Va pertanto garantito al danneggiato il risarcimento sussistendo la responsabilità sia contattuale che aquiliana della società.
Decisiva in proposito la testimonianza del commensale il quale dimostra il contratto. Il cliente evidenzia, a sua volta, la colpa del ristoratore posto che il danno al dente rotto è derivato da un corpo estraneo presente nella pietanza servitagli. È la società dunque, a dover provare la regolare somministrazione di cibo ex art. 1218 c.c., onere rimasto inadempiuto e che determina la condannata anche per le spese di giudizio.